Con Todos Los Sentidos: Flamenco a teatro - Il Mosaico Danza

Locandina dello spettacolo Con Todos Los Sentidos al Teatro Osoppo
Locandina dello spettacolo Con Todos Los Sentidos al Teatro Osoppo

Con Todos Los Sentidos (Con tutti i sensi) - Spettacolo Flamenco al Teatro Osoppo

Con Todos Los Sentidos (Con tutti i sensi) - Spettacolo Flamenco al Teatro Osoppo

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Con Todos Los Sentidos - Con tutti i sensi

Ad accompagnare i bailaores dei corsi di flamenco di Sabina Todaro del Mosaico Danza, ci sono 8 musicisti dal vivo!

Cuadro Musical:

  • Jeromo Segura cante flamenco
  • Carlos Guillèn cante flamenco
  • Antonio Porro guitarra flamenca y composición musical
  • El Botella cajón y percusiones
  • Alessandro Longhi flauta
  • Sabina Todaro coreografía y palmas
  • Ivana Zanini palmas y cante
  • Alessandra Pisani palmas
  • Audio e luci Paolo Minuti e Roland Erulo
  • progetto grafico Silvia Giannangelo
  • Foto Diego Cantore
  • Video Luca Brovelli
  • organizzazione Sabina Todaro

In scena, i ballerini del Mosaico Danza, diretti da Sabina Todaro

Attenzione: lo spettacolo non prevede un intervallo

www.mosaicoflamenco.com www.flamencomilano.it

Il tema dello spettacolo

Quando eravamo bambini, ci hanno insegnato che esistono 5 sensi: vista, udito, tatto, olfatto, gusto.
E ci abbiamo creduto!

Esistono invece moltissime altre capacità sensitive, che influenzano in maniera profonda le nostre vite, il nostro sentire, il nostro stesso essere.

Quando siamo in una situazione creativa, artistica, le nostre emozioni vengono travolte da tutta una serie di stimoli che vengono dal corpo, dai nostri organi interni, da muscoli, ossa, tendini,legamenti, articolazioni. E tutto questo mette in gioco completamente la nostra vita emozionale. Rispetto ai soli “5 sensi”,abbiamo infinite altre capacità, ad esempio siamo in grado di “sentire” la presenza di altre persone intorno a noi, di percepirne lo stato d’animo anche se non agiscono e non parlano.

Ma i nostri sensi non finiscono lì. Possiamo sentire la musica con il corpo, sentire delle pulsazioni provenire da un quadro, da una fotografia, avere l’impressione di sentire dei suoni scatenati da qualcosa che vediamo o che magari mangiamo, provare sensazioni tattili in seguito a ciò che vediamo o ascoltiamo. Insomma, la nostra capacità di sentire è ben più profonda e complessa!

Il nostro cervello prevede aree di ricezione degli stimoli sensitivi ed aree in cui gli stimoli vengono associati fra loro. Il tutto viene anche guidato dalla nostra storia personale, dalle nostre esperienze ed emozioni, e questo crea un filtro attraverso il quale la realtà viene letta alla luce di quanto…sentiamo.

È in questo modo che si creano i nostri gusti, il nostro carattere personale e persino la nostra stessa memoria.

Le sensazioni interne

Tutti abbiamo sperimentato di avere mal di pancia visitando un luogo e di non riuscire a vederne la bellezza perché il nostro stomaco stava borbottando! Di quel luogo avremo un ricordo indissolubilmente legato al malessere dei nostri visceri, per quanto la parte razionale di noi sia perfettamente in grado di riconoscerne la bellezza.

Ciò che sentiamo dentro di noi è un filtro che determina il nostro punto di vista sulle cose e le nostre reazioni. Portare alla nostra attenzione quante più informazioni possibili rispetto alla realtà che ci circonda rende più completa l’esperienza che stiamo vivendo, corredandola di mille micro-particolari che ci aiutano a comprenderla più profondamente.

Tutti abbiamo vividi ricordi multisensoriali della nostra infanzia, che sono tanto più reali quanto più molteplici erano le sensazioni coinvolte. L’esempio classico è la visita a casa di una nonna/ zia/ vicina di casa, con il calore del suo abbraccio, l’odore della sua casa, il contatto dei suoi vestiti, i colori, il tipo di luce, il momento della giornata in cui ci andavamo, il sapore dei dolcetti che ci offriva ecc.

Tutto questo contribuisce a costruire la storia della nostra vita

Su cosa abbiamo lavorato

Nei corsi del Mosaico si lavora sul flamenco in modo molto olistico, tenendo conto dell’essenza di questa forma d’arte, che si basa sul godere il presente, sulla ricerca dell’essere a proprio agio mettendo a loro agio gli altri, sul raccontare con coraggio la propria verità ed esprimere il proprio vissuto interiore.

Per fare questo, esploriamo il corpo leggendolo alla luce dell’Anatomia in Pratica, della Neurologia, del funzionamento del cervello, della psicologia, e ne sperimentiamo le possibilità espressive ponendo attenzione a tutte le nostre capacità sensoriali, imparando ad essere nel presente, perseguendo lo “Stato di flow”.

Parlando di stato di flow, non si può evitare di parlare di Mihaly Csikszentmihalyi, psicologo comportamentista di origine ungherese, cresciuto professionalmente negli Stati Uniti, creatore del concetto di flow.

Flow è essere completamente presenti, in totale concentrazione e focalizzazione.

Tutto sembra accadere senza fatica.

Le distrazioni esterne perdono importanza e ci si sente parte di qualcosa di più grande.

Lo stato di flow è lo stato di coscienza in cui la mente e il corpo sono in perfetta simbiosi e siamo così presenti che dimentichiamo tutto il resto.

Ci sentiamo sereni e perfetti così come siamo.

Se stiamo facendo qualcosa di impegnativo, che non deve però essere nè troppo facile nè troppo difficile rispetto alle nostre abilità, potremmo smettere di identificare noi stessi come separati dall’attività che stiamo svolgendo, ci sentiamo a nostro agio, “nel posto giusto” per noi"

La situazione stessa è una ricompensa.

Si può anche avere una meta da raggiungere, (ad esempio, per noi che balliamo il traguardo può essere arrivare fino alla fine del brano che stiamo interpretando, ma lo scopo non è raggiungerla, bensì stare nel percorso e goderselo nel presente.

Se invece mi concentro sul passaggio difficile, su ciò che non mi riesce bene, tutto il resto perde di valore, ed esco assolutamente dallo stato di flow.

Nello stato di flow si può anche perdere la percezione della meta finale!

Il flamenco funziona perfettamente in questo modo.

Lo stato di flow influisce sullo stato di benessere anche fisico: spegne la critica, il giudizio e il dubbio. Nulla è importante se non godersi il momento.
Scientificamente, nello stato di flow si verifica una “ipofrontalità transitoria”: si disattiva parte della corteccia prefrontale dorsolaterale. Questa è la sede della critica, del giudizio, della paura di lanciarci, della limitazione. Nello stato di flow si diventa più coraggiosi, ci si lancia maggiormente nelle cose ed aumenta la nostra capacità di immaginare nuove possibilità. Diventiamo quindi più creativi.

Nello stato di flow il cervello viene inondato da grandi quantità di neurotrasmettitori: dopamina, endorfine, serotonina e noradrenalina. Queste molecole sono responsabili dell’aumento delle nostre prestazioni anche fisiche, della concentrazione, e spingono alla creatività, ci aiutano a vedere nuove possibilità.

È evidente che quando ci giudichiamo ed abbiamo dubbi e lamentele, ci auto-boicottiamo, la corteccia prefrontale si attiva tantisimo. Si può imparare a “vietarsi” di criticarci ma l’educazione occidentale stessa ci insegna che dobbiamo criticarci sempre! Il giudizio ci fa solo vedere noi stessi come degli imbranati. E non ci mette in uno stato di piacere e godimento!

E questo non dipende dal nostro livello di capacità “tecniche”: con tutte le critiche che mi faccio non migliorerò e anzi, mi sentirò sempre inadeguato.

Questo cocktail di neurotrasmettitori che si produce nello stato di flow influisce sull’umore in senso positivo.

Ci regala serenità, energia e appunto creatività.

Nella corteccia prefontale risiedono la maggior parte delle nostre funzioni cognitive superiori, tra cui il senso di sè , la coscienza di esistere, ed è quindi logico che se l’area ha una minore attività, sarà anche minore la nostra cognizione del tempo e la capacità di “sentirci separati” dal resto della realtà intorno a noi.

Infatti se siamo nello stato di flow ci sembra che il tempo voli!

Per avere esperienze dello stato di flow non bastano un buon quoziente intellettivo ed una buona intelligenza emotiva, ma è fondamentale il “meaning quotient”, il quoziente di significato: dare un significato a ciò che facciamo ci motiva a farlo, e senza la motivazione non mi coinvolgo molto in quello che faccio (e lo stato di flow non si raggiunge).

Se faccio flamenco devo conoscere l’argomento, avere buone capacità empatiche ed essere motivata, e questo ha senso sia come spettatore che come artista. Il flamenco ha una emozionalità così forte da superare tutto: la forma non porta il contenuto, mentre il contenuto può generare una forma.

Ciò che facciamo non ha altro scopo che regalare un pezzo di noi stessi al mondo. Tirar fuori qualcosa da sé e metterlo a disposizione degli altri. Questo ci rende felici, sereni, immersi in ciò che facciamo, e nessun giudizio ci interessa. Neppure il nostro!

Il flamenco fa esattamente questo, perché è fatto di emozionalità, di energia, di essere completamente immersi in ciò che si sta facendo, cosa che aiuta anche gli spettatori presenti ad entrare in uno stato di flow.

Il Podcast Flamenco Chiavi in Mano

Supporto preziosissimo alle lezioni è la ricca collezione di podcast “Flamenco Chiavi in Mano” che si trova su tutte le piattaforme che trasmettono podcast e anche su Youtube. Il lavoro è condotto interamente da Sabina Todaro.

Per il momento abbiamo quasi 100 puntate in italiano, e diverse in inglese, spagnolo e francese.

Avvertenze e modalità d’uso dello spettacolo

Gli ultimi giorni prima dello spettacolo c’è un gran fermento: il Flamenco ti acchiappa e ti coinvolge in modo profondo, inevitabile. Difficile togliertelo dalla testa… e poi, perché farlo? È così meraviglioso…

Chi non ha mai provato questa emozione, non la può capire: ogni momento è buono per ripassare i movimenti, e soprattutto i suoni, per guardare il video della coreografia, sull’autobus, davanti alla macchinetta del caffè, alla fermata del metro, in coda al supermercato, marcando con il corpo i passi piccoli piccoli, sperando che nessuno se ne accorga.

Il flamenco ha un fascino pericoloso, totalizzante, quasi morboso: attenzione… crea facilmente una grave dipendenza!

Chi balla flamenco è anche nel contempo musicista, e non è certo facile suonare una percussione che… si muove, perde l’equilibrio, deve ricordarsi dove andare e cosa fare, non deve litigare con il suono e con le altre percussioni in movimento, il tutto con musica dal vivo, senza uno spartito, senza un direttore d’orchestra, su un palco davanti ad un pubblico vero…! Ma quando finalmente si riesce a fare il passo, a produrre il ritmo, il piacere che si prova ci ricompensa di tutti gli sforzi.

Mettersi sul palco davanti a tanta gente ci espone al rischio di fare una brutta figura proprio con i nostri amici: è un carico emozionale che va considerato.

Ogni persona che vedete sul palco ha messo nella preparazione di questo spettacolo una incredibile quantità di impegno ed energie, rubandole alla sua già complessa quotidianità. E lo ha fatto all’insegna della condivisione, della collaborazione, della gioia di godersi una cosa tanto coinvolgente e tanto difficile.

Ovviamente, i risultati saranno diversi, perché dipendono dall’esperienza pregressa ma anche, e forse soprattutto, dal carattere di ciascuno, e mettono in gioco la persona nella sua essenza più profonda: in una scuola, è normale che ci sia chi è più esperto e chi lo è meno. Quello che non è poi così normale è che tutti si mettano così tanto in gioco personalmente, che si balli sulla musica dal vivo creata da cinque musicisti e tre palmeras sul palco, e governata sempre dall’improvvisazione!

E che ad accompagnare i danzatori ci sia un cantaor del calibro di Jeromo Segura, punta di diamante del panorama flamenco di oggi, e Carlos Guillén, cantaor giovane e già affermato, e che come percussionista abbiamo il gaditano Raúl Domínguez Soto “El Botella”!

È per noi un lusso grandissimo, di cui andiamo orgogliosi.

Invece di spendere tantissimo in costumi meravigliosi, al Mosaico preferiamo destinare il budget alla qualità della musica, che è un vero concerto a tutti gli effetti.

Fra l’altro, per ragioni ovvie, alle lezioni non possono certo essere sempre presenti tutti i musicisti. Abbiamo il chitarrista a lezione una volta al mese e qualche volta un percussionista il nostro Francesco Perrotta, che quest’anno non sarà con noi sul palco. Jeromo viene ogni anno a Milano per darci un corso intensivo di cante, e Carlos tornerà nuovamente in autunno a tenere un corso intensivo di ritmica e comprensione del cante.

Per il resto, alle lezioni noi cantiamo, segniamo il ritmo con le palmas, e cerchiamo di immergerci nella musicalità al meglio possibile, con rispetto ad attenzione nei confronti di una cultura tradizionale.

Come si struttura il flamenco?

Per capire come si struttura il flamenco, pensate alla musica jazz: i musicisti non suonano esattamente le stesse note ogni volta, anzi, al contrario, ad ogni ripetizione ci sono continue variazioni. Importante è mantenere l’ascolto, il rispetto e cercare con tutti i mezzi di favorire l’altro, di metterlo a suo agio, in modo che possa fare le cose con piacere.

Il cante flamenco è l’essenza più profonda di questa forma d’arte. Per questa ragione, noi del Mosaico chiamiamo dalla Spagna l’eccellenza del cante, e non facciamo ricorso a dei “surrogati”: calcolate che ballare flamenco sulla musica registrata, o ballarlo con un cantante che non sia un vero cantaor esperto è un po’ come credere che il Tavernello sia equivalente al Brunello di Montalcino. Noi di certo la differenza la sentiamo…

La natura stessa del suono è movimento: nasce dalla vibrazione di un corpo e il suo compito è di entrare in un altro corpo e farlo vibrare.

La musica è energia cinetica pura, che viaggia nello spazio e raggiunge tutti i presenti, spettatori compresi. Li colpisce e ne modifica inesorabilmente lo stato: ecco perché nel flamenco il pubblico ha un ruolo attivo, e viene fisicamente, oltre che emotivamente, coinvolto.

Lo stesso accade per le emozioni. Non sono un fatto squisitamente privato e personale, ma sono maledettamente contagiose, in positivo ed in negativo.

Il miracolo che accade è che non ci importa più di imporci, ma cominciamo semplicemente a proporci, l’io individuale passa in secondo piano, si con-fonde con il gruppo: ci si sente immersi in un insieme, nel quale le parole ed i pensieri perdono importanza per lasciare campo libero alla comunicazione e alle emozioni. Emozioni che sono universali, non personali: è come parlare all’anima collettiva, quella che conosce allegria, tristezza, felicità, nostalgia, orgoglio, rabbia, coraggio, forza, leggerezza, in una gioia di vivere che è la vera magia del flamenco.

Quello che vedrete questa sera quindi è un miracolo. Fatto di dedizione, impegno e soprattutto di cuore.

Sarà commovente: preparate il fazzoletto (se non ne avrete bisogno, passatelo a me, che sembrerò una fontana!). Non fate caso ai piccoli errori che faremo: noi tutti ci abbiamo messo i sette sentimenti, come per fare il più grande spettacolo del mondo, ma si tratta pur sempre dello spettacolo di una scuola!

Jeromo Segura ogni anno viene a Milano a tenere uno stage di cante flamenco al quale gli allievi del Mosaico partecipano in massa: per imparare a ballare flamenco occorre capire ed apprezzare il cante e dare importanza alla connessione fra la danza e la melodia del canto, che rappresenta l’essenza stessa del flamenco. Come si dice in spagnolo, “el cante es la madre”, ciò da cui l’intero impianto del flamenco sorge.

Programma dello spettacolo

Toná del campo alosnero Fandango de Huelva e Sevillanas

La Toná è un cante molto antico, a cappella, che ricorda molto da vicino il canto arabo, di cui evidentemente è figlio. La voce è il primo strumento musicale, risuona facilmente nel corpo, nelle viscere, nel cuore, e coinvolge portandoci in una dimensione sospesa, nella quale tutto è possibile. Jeromo ci presenta una Toná del campo alosnero, della tradizione di Alosno, che è la culla del fandango di Huelva.

A seguire, ecco il Fandango di Huelva, un palo flamenco che esprime il senso della festa, della gioia di vivere e della comunità: un ottimo sistema per entrare nel nostro spettacolo!

Danzeranno tutti gli allievi dei corsi, insieme, senza distinzioni di livello, di capacità e di esperienza: per noi il flamenco non è una cosa per pochi fortunati che sono più “dotati” ma è un momento di espressione, condivisione, in cui ciò che si mette in gioco è la propria umanità, non la propria competenza tecnica.

Faremo una parentesi con due Sevillanas dedicate alla Madonna del Rocío, alla quale si affidano tantissimi pellegrini e devoti. Un luogo incantato che merita assolutamente una visita. El Rocío è una frazione di Almonte e si trova in provincia di Huelva, quindi non usciamo dalla zona!

Eres la luz que ilumina/ la verea de los caminos/ tú que despejas neblina/ y eres sol entre los pinos/ eres Luz en la noche oscura/ solucion del laberinto/ tu que quitas la amargura/ mira si es bonito el mundo/ donde todo es de color/ llénanos de luz el alma/ Rocío Madre de Dios

(Sei la luce che illumina il sentiero dei pellegrinaggi, tu che espandi nebbiolina, e sei sole fra i pini. Sei la luce nella notte scura, soluzione del labirinto, tu che togli l’amarezza. Guarda se è bello il mondo, dove tutto è colorato, riempi la nostra anima di luce, Rocío Madre di Dio)

Huele a fragancia la tarde/ de lirio Jara y Romero/ están perfumando el aire/ te llevan tus almonteños/ yo te canto a ti te paran/ y te van llevando al cielo/ con Almonte en tu mirada/ mira si es bonito el mundo/ donde todo es de color/ llénanos de luz el alma/ Rocío Madre de Dios

(Il pomeriggio profuma di fragranza di giglio, cisto (🟣) e rosmarino. Stanno profumando l’aria. Ti trasportano i tuoi almonteños (🟠). Io canto per te. Ti fermano e ti sollevano al cielo, con Almonte nel tuo sguardo (davanti a te). Guarda se è bello il mondo, dove tutto è colorato, dove tutto è colorato, riempi la nostra anima di luce, Rocío Madre di Dio)

  • (🟣) Il cisto è un fiore, simile alla rosa selvatica, tipico della macchia mediterranea.
  • (🟠) almonteños sono gli abitanti di Almonte. Ogni 7 anni la statua della Madonna del Rocío viene trasportata a forza di braccia per 15 km a piedi nella pineta del parco naturale di Doñana, durante un pellegrinaggio (definito Rocío Chico), che riunisce centinaia di migliaia di persone, e rimane esposta nella Parroquia de la Asunción, la chiesa del centro di Almonte per 7 mesi, per poi tornare al Rocío con un altro analogo pellegrinaggio. Ed è festa grande!

Il ritornello finale recita:

Que bonito es el Fandango/ al Amanecer el día/ en el silenzio del campo/ cuando voy de cazería/ unos tragos de aguardiente/ con agua de manantiales/ ay si supiera la gente/ esos ratos cuanto valen

(Che bello è il Fandango quando si fa giorno nel silenzio della campagna, quando vado a caccia, mi pare di bere un sorso di acquavite ma è acqua di sorgente… Ah se la gente sapesse questi momenti quanto valgono!)

Godersi la vita nelle cose semplici. Non serve avere chissà quanto per star bene: serve solo mettersi in una condizione mentale adatta e… imparare a godersi la vita! Non potremo fare a meno di cantarla in coro.

Guajíras

La guajíra è un “palo”, uno stile flamenco che appartiene alla famiglia definita “de ida y vuelta”, di andata e ritorno dalla Spagna alle Americhe. Si suona su scala maggiore, in 12 tempi.

Il temine deriva da guajíro, il contadino di Cuba, inteso come contadino di origine spagnola (tutti ricordiamo questa parola nella famosa canzone “Guajíra Guantanamera”, che significa appunto la contadina di Guantanamo, a Cuba).

Si tratta di un cante aflamencado che deriva dal folklore cubano, ed infatti ascoltandola si sentono sonorità centro americane.

Questo palo ci parla della nostalgia che l’emigrato a Cuba mantiene nei confronti dell’Andalusia nativa, abbandonata per cercar fortuna, ma anche della nostalgia nei confronti di Cuba una volta che l’emigrato è ritornato in madrepatria.

È un palo molto languido e dolce dotato di una energia femminile molto forte. L’energia femminile è come l’acqua che, dolcemente e in maniera accomodante, riesce a penetrare in ogni anfratto, adattandovisi.

La guajíra è accogliente, rotonda, continua e morbida viene normalmente ballata con ventagli o con grandi scialli e tradizionalmente vestiti di colore chiaro proprio perché ricordano quelli dei coloni cubani di origine spagnola. Il baile, come in tutti i palos, prevede oggi escobillas (letteralmente “scopette”: così si chiama nel flamenco il solo di ritmica fatto dai danzatori) che tradizionalmente non ne facevano parte, i cui suoni rimangono melodici e non occupano una parte preponderante della coreografia, conservando quindi le caratteristiche dinamiche ed espressive del tutto peculiari di questo genere: fluidità, grazia, sensualità e un bel senso del gioco…

Jeromo ha scelto pre noi due letras di stile Marchenero: non vi raccontiamo quanto abbiamo litigato per cercare di imparare a cantare, per quanto malamente, queste difficilissime letras durante le prove! Pepe Marchena era un cantaor della incantevole cittadina di Marchena, in provincia di Siviglia (non lontano da Mairena del Alcor, da cui è originario il nostro Carlos Guillén). Innamorato di tutti i cantes de ida y vuelta, Pepe Marchena ha esplorato la possibilità di cantare questo palo in una maniera molto particolare, quasi come fosse soltanto recitato: in tal modo, la voce del cantaor gode di una grandissima libertà interpretativa che gli dà parecchia libertà di giocare con il ritmo.

Per rendere questo stile, abbiamo lavorato a lungo sulla espressività e sulla giocosità estrema di questo bellissimo cante, le cui letras parlano spesso di amore per qualche bella donna di Cuba (la mulata, la Indiana…)

Es la mulata un terrón/ de azúcar canela hecho /que arrimándosela al pecho/ quita el mal de corazón/ ella vive con el don/ y si le llaman ingrata es más dulce/ que la uva que hay en Cuba/ es la mejor es la mulata

(La mulatta è una zolletta, è una zolletta di zucchero, fatta di cannella, che avvicinandoselo al petto toglie il mal di cuore. Lei vive con il dono, e se dicono che è ingrata, è più dolce dell’uva che c’è a Cuba, è la migliore, è la mulatta)

En un potrerito entré/ me encontré con una Indiana/ que se llamaba Juliana/ de apellido no sé/ solté en mi caballo/ las buenas tardes le díje/ ella díjo vengo aquí/ vengo buscando unos bueyes/ y me respondió a mi/ usted a quien busca es a mi

(Entrai sul mio puledrino e incontrai una indiana che si chiamava Juliana di cognome non so. Lasciai la briglia al mio cavallo e le diedi la buonasera. Ella mi disse “vengo qui cercando dei buoi” e mi rispose “quello che lei cerca sono io”)

Peteneras

Tante sono le teorie sulla sua origine, e numerosissimi sono gli studi che sono stati fatti a riguardo, ma forse la più probabile è che sia dedicata ad una cantaora nata a Paterna de Rivera (Cádiz) alla fine del secolo XVIII, detta La Paternera, che nel linguaggio andaluso divenne La Petenera.

Musicalmente ha una parentela con un genere musicale messicano, la Petenera Veracruzana, ma la storia non è chiara.

Esisteva un genere musicale chiamato petenera, in ritmo ternario, nella Scuola Bolera, che precedette il flamenco, e che sussiste ancora oggi parallelamente al flamenco stesso. La Petenera bolera era un genere abbastanza leggero, ballabile, e cantato in forma di tonadilla, che poi si è evoluto ad opera di grandi cantaores, in particolare Medina el Viejo, e successivamente Antonio Chacón ed infine la Niña de los Peines che diede a questo cante la forma che ha oggi.

Da non trascurare l’idea che sia un cante con una origine semitica, dato che gli ebrei furono trovatori e giullari, e che in molte letras por Peteneras si trovano allusioni al mondo ebraico. Noi abbiamo scelto proprio queste, e ne presentiamo tre di diversa melodia!

Ay que llanto en toda España/ por to’a’ la’ judería’ (🟣)/ Por la fé y la palabra/ muchos miles penarían/ y si Diós así lo quiso/ muchos miles penarían/ Ay que llanto en toda España/ Por to’a’ la’ judería'

(Ahi che pianto in tutta la Spagna, per tutti i quartieri ebraici, per causa della fede e della parola molte migliaia di persone avrebbero sofferto, ahi che pianto in tutta la Spagna, per tutti i quartieri ebraici)

  • (🟣) Por to’a’ la’ juderia’= Por todas las juderías. Gli andalusi hanno l’abitudine di “mangiare” alcune lettere! ¿Donde vas bella judía/ Tan compuesta y a deshora?/ Voy en busca de Rebeco/ Que está en la sinagoga/ donde vas bella judía/ tan compuesta y a deshora (dove vai bella ebrea, tanto sistemata e a quest’ora? Vado in cerca di Rebeco che sta nella sinagoga)

  • (🟣) Fra l’altro la letra deve essere di tradizione antichissima, visto che le sinagoghe scomparvero dalla Spagna nel 1492! Por las calles de Judea/ pasa una mujer llorando/ dicen que es de Sefarad/ madre de mi corazón/ ay dicen que es de Sefarad/ o que la sigue recordando/ porque la sigue recordando/ y no la puede olvidar (per le strade della Giudea va una donna piangendo, dicono che è di Sefarad, madre del mio cuore, dicono che è di Sefarad o che continua a ricordarla e non la può dimenticare)

  • (🟣) Sefarad è la terra di origine degli ebrei sefarditi. La parola ha in sé la radice sefar che indica il viaggiare. Si tratta di uno dei palos più emozionali, malinconici e profondi di tutto il flamenco, cadenzato, sentimentale e solenne. Il cante mantiene una struttura non ritmica anche quando viene ballato, caso praticamente unico nel flamenco.

Il baile por Petenera è tipicamente femminile. È molto lirico ed è piuttosto frequente nel repertorio delle bailaoras, nonostante l’aria di leggenda che circonda questo stile: soprattutto fra i gitani, che sono tradizionalmente superstiziosi, si dice che questo cante porti sfortuna, forse a causa della fama della sua creatrice o per qualche aneddoto a riguardo. In realtà probabilmente molti cantaores si rifiutano di cantarla perché interpretarla è molto difficile, ma noi da questo punto di vista siamo in una botte di ferro!

Tientos

Tiento significa tatto, cura, attenzione. Ballare, cantare e suonare con tiento, con cura e grazia. Il baile por Tientos è lirico ma anche molto sensuale. Può essere un baile “seduto”, profondo e provocante, con una qualità quasi rituale. Il baile por Tientos è nel repertorio di tutte le bailaoras.

Il Tiento è musicalmente simile ad un Tango, col quale condivide la scala musicale, la cosiddetta “modalità flamenca” e la struttura ritmica in 4/4 e ma è molto più lento, romantico, cadenzato e solenne.

La lentezza del Tiento lo rende molto melodico, dolce, accogliente, sospeso e nostalgico.

La componente ritmica del Tiento non è molto marcata, ma alla fine si cambia registro (questo avviene per tradizione) e si passa in Tango, creando un’atmosfera scherzosa, scanzonata, piena di energia e molto più ritmata.

Ecco la nostra seconda letra por tiento:

“Puse yo mi corazon/ en un barquito de velas/ y el vientecito/ se lo llevo/ Yo a ti te pondria/ un puentecillo pa’ que pasaras de tu casita a la mia”

(Ho messo il mio cuore/ in una barchetta a vela/ e il venticello/ se lo è portato via/ Ti metterei un ponticello in modo che tu possa passare da casa tua alla mia).

Come sempre, il flamenco parla di emozioni umane: a chi non è mai successo di ritrovarsi travolto da un venticello che si è portato via il suo cuore?

Sólo baile con Sabina Todaro

Non sappiamo ancora che cosa i cantaores faranno… e noi ci adegueremo improvvisando. Con il cuore e senza rete!

Murciana e Taranto

Il Taranto e i Murciana fanno parte dei cosiddetti cantes de Levante, delle zone più orientali dell’Andalusia e della regione di Murcia, ed è fortemente legato alla tradizione mineraria di quell’area. Il modo di cantare di Levante si caratterizza per l’uso della voce molto prolungato, come un lamento.

Il Taranto è l’unico palo di levante che si interpreta tradizionalmente con il baile.

Quando deve essere interpretato dal baile, il Taranto si esegue a ritmo, mentre se viene cantato senza accompagnare un bailaor, rimane libre, libero da vincoli ritmici.

Ha un’atmosfera densa, terrena, profonda. Il baile por Taranto è solenne, con movimenti lenti e “pesanti”, interrotti da bruschi suoni di remate, di commento e chiusura.

Verso la fine, solitamente si ha un cambio de sentido, un cambio di senso, e il Taranto diventa Tango, sempre in 4/4 ma più veloce e decisamente scanzonato ed allegro.

Nel nostro caso interpreteremo una letra di Tango de Granada ed un estribillo, un ritornello finale di tango extremeño.

Ciò che appare più evidente pensando al lavoro faticoso e pericoloso dei minatori sono il rischio e le condizioni di vita così difficili all’interno della miniera. Molti anni fa però un minatore che aveva lavorato per tutta la vita in una miniera de La Unión in provincia di Murcia, mi ha parlato di un aspetto molto interessante e non così evidente di questo lavoro all’interno delle gallerie nella profondità delle viscere della terra: il silenzio, impossibile altrove, che lascia spazio allo stare davvero con se stessi e raccontarsi la propria verità.

La letra molto famosa di Miniera di Pencho Cros (la Miniera è un palo imparentato con il Taranto è proprio caratteristico de La Unión, e Pencho è stato un cantaor storico di lì) recita:

Con mucho conocimiento/ Vi un minero en la mina/ El que trabaja en la mina/ conoce el mundo por dentro/ y lo demás lo adivina.

(Con molte conoscenze, vidi un minatore nella miniera. Colui che lavora nella miniera conosce il mondo dall’interno, e tutto il resto lo indovina)

La nostra letra di Taranto:

Ay dame las espuelas/ y dile a mi primito hermano/ que por Diós que te de las espuelas/ que ya pare el caballo tordo/ que se ha llevaito a mi prima Malena/ y de penita me voy a volver loco

(Dammi gli speroni e di’ a mio cugino che per favore ti dia gli speroni. Che si fermi subito il cavallo color tortora che si è portato via la mia Malena, che di dolore sto impazzendo)

Jeromo Segura è un esperto conoscitore dei cantes di Levante, che ha studiato profondamente alla fonte, a La Unión, recuperando una ricchissima tradizione che si stava perdendo perché poco cantata e mai incisa. Jeromo ha anche inciso una antologia dedicata a questo pezzo di storia del flamenco, “La voz de la mina”, opera unica e preziosissima

Fandango de Huelva

Il Fandango de Huelva è un palo che deriva tipicamente dal folklore spagnolo. È allegro, vitale e gioioso. La danza risente delle dinamiche delle danze popolari, con piccoli salti e un uso molto aperto delle braccia verso l’alto.

Esprime in pieno la gioia di vivere, la coralità, l’energia, il legame di riconoscenza e rispetto verso la propria origine.

Il Fandango della zona di Huelva, la provincia più occidentale dell’Andalusia, al confine con il Portogallo, si è afflamencato tanto da diventare un vero e proprio palo a sé stante, soprattutto con il lavoro creativo di Paco Toronjo, la maggiore figura del cante por fandango de Huelva di tutti i tempi.

Ogni zona della provincia di Huelva ha i suoi stili di fandango, e si possono riconoscere una grande quantità di generi (si dice che siano addirittura 32!), che si differenziano fra loro per tonalità e soprattutto per melodia.

Il Fandango de Huelva può essere cantato in coro, caratteristica che ne evidenzia l’origine popolare.

La frase ritmica è di 3/4, e si costruisce su un tempo forte e due deboli.

Ballare il fandango è un giusto tributo a Jeromo: Huelva è la sua città!

La musica è molto energica e vitale. Una forma molto tipica flamenca di marcare questo ritmo è il cosiddetto “Palilleo” (da palillos = nacchere), costruito su imitazione del suono delle nacchere, percuotendo un tavolo o la cassa armonica della chitarra con le nocche nel tempo forte e tamburellando con la punta delle dita sui tempi deboli. Tutti i Fandangos de Huelva si basano su strofe di 5 versi ottosillabi, dei quali uno viene ripetuto.

I temi delle letras riguardano molto spesso l’amore, la donna, o si riferiscono alla zona geografica, alle feste locali, alla vita rurale…

Presentiamo letras del Alosno, di stile diverso fra loro, in onore della varietà e della ricchezza delle tradizioni musicali della zona. Questa è la prima, che riassume lo spirito campanilista del fandango:

Vente al Alosno niña/ vente temprano/ te daré el aguardientillo/ de entre mis manos/ de entre mis manos niña/ de entre mis manos/ vente al Alosno niña/ vente temprano/ soy del Alosno soy Alosnero/ y mi Fandango más quiero/ el Fandango es mi alegría/ es el cante que más quiero/ se alegran las penas mías/ con un fandanguillo alosnero/ al amanecer el día

(Vieni al Alosno, bimba, vieni presto, ti darò il grappino fra le mie mani, fra le mie mani, bimba, fra le mie mani, vieni al Alosno bimba, vieni presto. Sono del Alosno, sono Alosnero, e il mio Fandango amo sopra ogni cosa. Il Fandango è la mia allegria, è il cante che amo di più, si rallegrano le mie pene con un Fandango del Alosno, quando albeggia il giorno)

Policaña y Soleá Apolá

La policaña è un cante che si stava perdendo. Appartiene alla famiglia di caña e polo, dai quali differisce per melodia e per i caratteristici “Y” che contraddistinguono questi palos: la caña ne ha 6, il polo 5 e la policaña 4.

Jeromo Segura lo sentiva cantare in spettacolo da Segundo Falcon, colui che diede a questo cante il nome di policaña. Pepe el de la Matrona, il cantaor che lo diffuse, lo chiamava “polo natural antiguo”. Si tratta di un cante con copla di 4 versi ottosillabi, dei quali il secondo e il quarto rimano (ABCB).

È un cante che suona in modo molto simile alla Soleá (che infatti ne deriva), con cui condivide ritmo, velocità e scala musicale (modalità flamenca).

È un cante espressivo, ricco di melismi.

Caratteristica del cante por Caña, Policaña e Polo è l’uso del tipico ayeo, che si svolge su emissioni di voce, in cui il cantaor usa soltanto la vocale i. Questo particolarissimo ayeo viene ripetuto più volte durante il brano, in vari punti, direttamente con la voce o con la melodia della chitarra.

È un cante di difficile esecuzione e richiede grandi capacità canore, visto che non utilizza il sottovoce e si mantiene sempre forte e deciso. I cantaores dalle scarse capacità quindi sforzano la voce nell’interpretare questo palo, e facilmente stonano!

Il baile è lirico ed energetico.

Tu eres el diablo Romera que me viene, hay que hay que hay que a tentar Y Y Y Y No soy el diablo Romera soy tu mujer, hay que hay que hay que es natural Y Y Y Y

(Sei il diavolo Romera, che mi viene a tentare YYYY non sono il diavolo Romera, sono tua moglie, è naturale)

Soleá Apolá:

Todo el mundo le pide a Diós la salud y la libertad y yo le pido la muerte y no me la quiere mandar y yo le pido la muerte y no me la quiere mandar

(Tutti chiedono a Dio la salute e la libertà, e io gli chiedo la morte e non me la vuole mandare)

Presentación del cuadro musical

Jeromo Segura - cante e ispirazione musicale

Jeromo José Segura Parades nasce a Huelva. Si avvicina al cante flamenco come autodidatta e nel 2000 è tra i finalisti del “Concurso de Fandangos Jovenes” ed ottiene una borsa di studio che gli consente di studiare con vari maestri, tra i quali Naranjito de Triana e José de la Tomasa. Comincia la sua carriera professionale sia come cantaor solista che cantando per il baile.

Partecipa a vari festival assieme a personaggi come José Merce, Paco Taranto, Carmen Linares, José Menese e molti altri.

  • Nel 2001 vince il premio “Jovenes Cantaores” del “Concurso de la Union” cantando un “Martinete de Triana”, nel 2003 è finalista al concorso “Estepona Cantaora” e nel 2004 si esibisce alla “Bienal de Sevilla”. Collabora con numerose e affermate compagnie flamenche come quella di Rafael Campallo ed Eva Yerbabuena, partecipa alla realizzazione di un film documentario sull’Andalucia ed a programmi televisivi di Canal Sur.
  • Nel 2011 incide il suo cd da solista “Oro Viejo” : “Come il metallo nella fucina viene forgiato dal martello che lo lavora in un continuo battere sull’incudine sino a che non assuma la forma desiderata così la voce plasma le letras dei vari palos alla ricerca del risultato ideale. Dal cante è nata la mia vita e ora la mia vita è il cante e queste due cose sono “Oro Vejo”.
  • Nel 2013 vince il prestigiosissimo premio Lampara Minera del festival de La Union, e continua la sua carriera internazionale come solista e accompagnando spettacoli di danza in tutto il mondo.
  • Nel 2014 incide il prestigiosissimo cd “La voz de la mina” che rimarrà nella storia del flamenco: per la prima volta vengono registrati alcuni cantes della zona mineraria della provincia di Murcia, assolutamente inediti, sopravvissuti soltanto grazie alla tradizione orale!
  • Nel 2016, incide il cd “Romances de Alosno”, dando nuovo impulso ai cantes tradizionali della provincia di Huelva.
  • Nel 2018 esce il suo ultimo cd, con la produzione di Paco Romero, “Lo que yo quería”, in cui Jeromo esplora il flamenco e i suoi dintorni con una grande creatività e nel rispetto della tradizione. Questa opera lo consacra ogni giorno di più fra le voci in assoluto più significative del panorama flamenco attuale.

Ricercatissimo da tutti gli artisti per la bravura ed il carattere meraviglioso che ha, Jeromo lavora tantissimo e predilige i lavori che implichino un coinvolgimento culturale. Nell’ultimo anno sta portando avanti uno spettacolo “La vida contada y cantada” dedicato a Paco Toronjo, colui che rese flamenco il fandango de Huelva, in cui il nostro cantaor si immedesima con Paco in maniera quasi medianica.

Sabina Todaro “La Maeshshshtra Nosshtra” e coreografa

Sabina Todaro studia il baile Flamenco e le danze del mondo arabo dal lontano 1985, fra i primissimi in Italia, in un’epoca in cui queste forme d’arte erano completamente ignorate, se non fraintese. Affascinata dalla musica, investiga la struttura musicale araba e le sue relazioni con il flamenco, dando vita a due portali specifici in continuo aggiornamento, mosaicoflamenco.com e danzaemusicaaraba.com col desiderio di diffondere queste culture musicali e coreutiche.

  • Produce il podcast “Flamenco Chiavi in Mano”, disponibile in italiano, inglese, francese e spagnolo, e produce i video della serie “Le Perle di Sabi”, riflessioni sul corpo e dintorni. Trovi tutto sul canale Youtube “Sabina Todaro Flamenco Dance & Body Awareness”.
  • Ha studiato baile Flamenco con moltissimi maestri, principalmente in Andalucía, ma la sua vera scuola è identificarsi con le emozioni di ogni artista che ha visto esibirsi, in scena o in occasioni informali, casuali. Fra tutti i bailaores, grandissimi, grandi o quasi sconosciuti, che l’hanno accompagnata lungo la strada del Flamenco, incontri cruciali sono stati, nello sviluppo del suo percorso artistico, Rafaela Carrasco, Eva La Yerbabuena, Isabel Bayon, Ángel Atienza, Antonio Canales, Antonio El Pipa, El Torombo, La Lupi
  • Ciò che davvero le ha insegnato cosa sia il flamenco è l’esperienza di ascolto del cante, negli innumerevoli recital a cui ha presenziato, e tutte le situazioni di flamenco “vissuto”, spontaneo. La comprensione del flamenco avviene soprattutto attraverso l’ascolto del cante. Jeromo Segura è sicuramente la sua musa ispiratrice più forte! Scherzando (ma neanche troppo) dice che Jeromo è il suo maestro… di baile flamenco!
  • La sua formazione nella danza comincia all’età di neppure sei anni e da allora si dedica allo studio di una grande quantità di forme di danza e di movimento, soprattutto danza classica, contemporanea, afro-primitive ed espressiva e, appunto, il flamenco e le danze del mondo arabo, sperimentando di tutto, pur di investigare le infinite possibilità del corpo e dell’espressione.
  • Sabina ha elaborato uno suo lavoro specifico sull’espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo, la Lyrical Arab Dance.
  • Sabina è fondatrice e direttrice artistica de Il Mosaico Danza di Milano.
  • Sabina ha inoltre studiato psicologia e pedagogia all’Università Statale di Milano ed ha una formazione come terapista per bambini con problemi psicomotori.
  • Ha creato una particolare ed efficacissima pedagogia della danza grazie alle sue esperienze e ricerche in campo di anatomia, neurologia, psicologia e neuroscienze.
  • È stata docente del corso di formazione per coreografi della Regione Lombardia e gestrice del Corso di formazione per insegnanti di Danza del metodo che porta il suo nome.
  • Tiene stages anche in Finlandia, in Lettonia e in Estonia.
  • Sperimentatrice ed estrema, spinge i suoi allievi largamente al di là di ogni limite, utilizzando una pedagogia rivoluzionaria che si basa interamente sulle neuroscienze, unica ed efficacissima. Gli allievi, curiosamente, si superano ogni giorno, compiendo dei veri e propri miracoli. Sabina non insegna passi, ma conduce gli allievi dentro di sé, alla scoperta delle potenzialità espressive, ritmiche e dinamiche. In questo modo nessuno “esegue” una tecnica, ma racconta la sua storia.

Durante gli ultimi anni di forzato lavoro on line, ha sviluppato Anatomia in Pratica, una visione rivoluzionaria dell’anatomia, dedicata a danzatori, sportivi e a chiunque voglia capire come funziona il corpo nella sua logica naturale, ha evoluto il Dance Workout, efficacissimo lavoro corporeo che sostiene qualsiasi forma di danza ed espressione, ed ha affinato la sua pedagogia, in continua evoluzione ed aggiornamento.

Carlos Guillén Miranda - Cante

Questo giovane cantaor nasce a Mairena del Alcor, in provincia di Sevilla, in una delle culle del flamenco.

  • Ha cominciato lo studio del cante flamenco con Juan Antonio Ramirez, proseguendo poi con il corso di formazione della famosa Fundacion de Arte Flamenco Cristina Heeren di Siviglia, nella quale ha potuto formarsi con Calixto Sanchez, Juan Joseé Amador, Jeromo Segura, Maria José Perez e Rosy Navarro “La Divi”, fino a diventare egli stesso Monitor Auxiliar di cante e di apprendere a cantare per il baile presso la medesima istituzione.
  • Ha cantato nelle compagnie di baile di Maria Serrano e Javier Baron e collabora con vari tablaos.
  • Collabora come insegnante alla Fundacion Cristina Heeren di Siviglia, e ha tenuto corsi di cultura del flamenco e cante qui da noi a Milano.
  • L’esperienza dell’insegnamento del cante e della cultura del flamenco lo ha portato ad avvicinarsi ancora di più allo studio della teoria e sta conseguendo la laurea in Flamencologia al Conservatorio di Siviglia e si sta diplomando al conservatorio superiore di Córdoba.
  • Nel 2021 ha vinto il primo premio per giovani del concorso di cante Ciudad de Vejer, ed è cantaor ricercatissimo nei tablaos di Siviglia per accompagnare il baile.

“Mi considero una persona normale e semplice. Ciò che più mi piace è circondarmi delle persone che amo utilizzando una scusa qualsiasi: la musica in generale ed il flamenco in particolare è il mio modo di esprimere i miei sentimenti, siano essi tristezza, allegria o anti convenzionalità, giusto per nominarne alcuni. In effetti penso che l’arte sia l’unica cosa che ci differenzia da tutti gli altri esseri viventi. In poche parole, cantare mi dà la vita e a tratti mi fa sentire la morte” (Carlos Guillén Miranda)

Antonio Porro - guitarra flamenca, composizione e direzione musicale

Si diploma in chitarra classica nel 1988 al Conservatorio di Piacenza. Fondamentale nella sua formazione classica, gli studi con il maestro Mauro Storti.

  • Alterna l’attività didattica a quella concertistica esibendosi come solista ed in formazioni da camera in diverse città italiane e all’estero. Nel 1994 si avvicina alla musica flamenca, prima come autodidatta e poi studiando con G. Gazzola. Dal 1997 approfondisce lo studio della chitarra flamenca in Andalusia, dove studia con importanti musicisti tra cui Antonio Jero, F. Moreno, J. Álvarez, Alfredo Lagos, P. De Lorca. Collabora con vari artisti del flamenco, come María Martín Lopez, Antonio Castro “Antonete”, Cecilia Lozano “la Popi”, Noè Barroso, Felipe Mato, María Josè Leon Soto, Elena Vicini, in Italia e all’estero.
  • Collabora con scuole di danza accompagnando “il baile” anche in occasione di importanti stages con artisti quali Javier Barón, Isabel Bayón, Ángel Atienza, Rafaela Carrasco, Brigitta Luisa Merki, Juan Luis De Paola, Miguel Ángel Espino, Adela Campallo, Charo Espino, Ángel Muñoz…
  • La musica lo ha affascinato quando era solo un bambino di 10 anni, e non lo ha mai lasciato.

“La musica è un linguaggio che entra nel profondo perché non è legato alla logica, al pensiero razionale. È un linguaggio istintivo e profondo e lo spettatore sensibile può riconoscere la verità dello spessore della comunicazione.” (Antonio Porro)

Alessandro Longhi - flauto

  • Si è diplomato in flauto al Conservatorio di Milano e in direzione d’orchestra presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano con il Maestro Pomarico.
  • Ha lavorato con le principali orchestre italiane, quali: le Orchestre del Teatro alla Scala di Milano, del teatro “La Fenice” di Venezia, del teatro dell’Opera di Genova, i “Pomeriggi musicali” di Milano, l’“Accademia Bizantina” di Ravenna, l’Orchestra filarmonica “Arturo Toscanini” di Parma, la “Verdi” di Milano, la Filarmonica Veneta e l’Orchestra della Radio della Svizzera Italiana.
  • È stato membro della compagnia “La Moreria” con la quale ha collaborato con numerosi artisti del panorama flamenco internazionale, fra cui Manuel Santiago, Daniele Bonaviri, Ruben Diaz, esibendosi nei più importanti teatri italiani.
  • Ha effettuato numerose tournée in: Cina, Giappone, Indonesia, America, Africa e nei principali teatri europei.
  • Ricopre tuttora il ruolo di Primo Flauto presso la Camerata Ducale di Vercelli e accosta all’attività di concertista quella di docente.

Considera il suo fare musica un linguaggio immediato e diretto per esprimere in modo completo tutti gli aspetti e le sfaccettature della propria personalità e della propria anima.

Raúl Domínguez Soto “El Botella” percussioni

Nasce a Cadice il 25 marzo 1978. La sua passione per la musica comincia all’età di 10 anni, esibendosi per 13 anni consecutivi al Carnevale di Cadice. L’esperienza del Carnevale ha contribuito a creare una disciplina di prove, convivenza con compagni di grande talento musicale e la responsabilità e sicurezza di recitare su un palcoscenico, come quello del Gran Teatro Falla, davanti a 1200 spettatori.

Raúl ha iniziato il suo apprendistato da autodidatta all’età di 21 anni, dopo un’infanzia e una giovinezza ispirate dai grandi cantanti di Cadice. Il suo primo contatto con il flamenco è avvenuto alla “Pepín Muñoz Dance Academy”. Dopo soli 6 mesi di studio, nel 2001 il ballerino flamenco El Mistela lo ha assunto per suo tour dell’Andalusia.

Raúl ha molte passioni e continua a nutrirsi non solo di flamenco, ma anche di musica etnica e latina. Diverse figure hanno contribuito molto alla sua> formazione musicale come il percussionista Giovanni Hidalgo, il Maestro di tabla indù e maestro di tamburello di Zakir Hussain, Glen Velez.

  • Nel 2002 si trasferisce a Siviglia, e viene scelto, tra 30 concorrenti, per far parte della Compagnia di Danza Andalusa, diretta dal grande coreografo e ballerino José Antonio Ruiz. L’esperienza con la compagnia gli permette di studiare con grandi maestri, come Manuel Soler, El Piraña e Rubem Dantas, figure iconiche delle percussioni nel flamenco.
  • Come membro di questa compagnia, Raúl ha collaborato a diverse produzioni come “Latido Flamenco”, “Golpes de la vida” e “La leggenda”.
  • Alla fine del 2005 si è esibito alle audizioni del Balletto Nazionale di Spagna, dove è stato eletto davanti a una giuria di 8 persone. Ha fatto parte di questa compagnia per un anno con tournée in Giappone, Stati Uniti, paesi del sud-est asiatico e in molti altri luoghi.
  • Durante i suoi tour mondiali, Raúl si è associato a gruppi di musica etnica e da autodidatta ha imparato a suonare strumenti come il booldran, l’udu, la conchiglia africana, il djembe, il rik e le tablas indiane.

Raúl ha il dono di riuscire ad apprendere molto velocemente ciò che occorre per mettere la migliore energia nello spettacolo, e da un modo che tutti si trovino a proprio agio, cosa che gli ha aperto numerose nuove porte, accompagnando così sulla scena grandi cantanti, ballerini e chitarristi.

Ivana Zanini palmas y cante

Milanese di nascita ma altoatesina di adozione, si avvicina al Flamenco nel 2003 con il baile con Manuela Baldassarri “La Malita”, studia in Spagna a Siviglia, Jerez de la Frontera e Granada.

  • Nel 2015 scopre la passione per il cante grazie a Christine Bauhofer e da lì inizia il suo percorso di studio con diversi maestri tra cui Josè Salguero e Melchora Ortega.
  • Nel 2018 studia alla Fundacion Christina Hereen a Triana.

Fondamentale nella sua formazione l’incontro, al Mosaico Danza, a Milano, con Jeromo Segura con cui intraprende un percorso di studio dal 2019 ad oggi, che comprende viaggi in Andalusia e approfondimenti culturali.

Alessandra Pisani - palmas

Alessandra è cresciuta in una famiglia di musicisti professionisti. Per lei la musica è come una lingua madre. Dotata di una speciale attenzione al suono, che le ha facilitato l’apprendimento di diverse lingue europee, e da sempre appassionata di danza (senza però una base scolastica), ha sperimentato percorsi espressivi di varia natura.

  • Nel flamenco ha studiato per nove anni al Mosaico Danza con Sabina Todaro.
  • In questo arco di tempo ha sviluppato un grande attaccamento al flamenco, merito anche del grande affetto e stima sviluppatesi per la propria maestra.
  • Dice di sé:

“L’approccio al flamenco è stato casuale, più simile ad una sorpresa, permeato di magia, e dopo le difficoltà che incontra ogni principiante, grazie alla maestrìa di Sabina Todaro, ho tratto sempre più piacere nell’imparare questa danza, approfondendone le complessità e apprezzandone sempre più l’intensità e la maestosità, grazie alla comprensione di questo stile ed al lavoro corporeo che fan parte del metodo di Sabina.
Il corpo diventa strumento per interpretare col corpo le emozioni risvegliate dalle melodie di epoche lontane e ricche di fascino.” (Alessandra Pisani)


Sabina Todaro, giugno 2023