Huellas De Tu Ser - Impronte del tuo essere

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Huellas de tu Ser - Impronte del tuo essere al Teatro Osoppo
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Ad accompagnare i bailaores dei corsi di flamenco di Sabina Todaro del Mosaico Danza, ci sono 7 musicisti dal vivo!

Cuadro Musical:

  • Jeromo Segura cante flamenco
  • Carlos Guillèn cante flamenco
  • Antonio Porro chitarra flamenca e direzione musicale
  • Alberto Rodrìguez chitarra flamenca
  • Francesco Perrotta cajòn flamenco e percussioni
  • Alessandro Longhi flauto
  • Sabina Todaro palmas
  • Coreografie di Sabina Todaro
  • Audio e luci Paolo Minuti e Roland Erulo
  • progetto grafico Carlo Campanelli
  • organizzazione Sabina Todaro

www.mosaicoflamenco.com www.flamencomilano.it

Il Flamenco

Il Flamenco è espressione artistica di una cultura antichissima, fortemente legata all’identità culturale del popolo gitano, ma soprattutto a quel crocevia di culture e tradizioni che è l’Andalusia, un po’ Europa, un po’ Africa, un po’ oriente… Il complesso lavoro ritmico, la bellezza dei dinamismi e la carica emozionale che sostiene ogni sua forma permettono di sondare ed esprimere tutti i sentimenti dell’animo umano: il Flamenco è espressione della vita stessa, in tutte le sue molteplici sfaccettature.

Il baile è l’espressione di questa cultura che più si conosce all’estero poiché è più fruibile anche da parte di spettatori inesperti, ma il cuore del flamenco è la voce, il cante. Il bailaor deve essere la rappresentazione fisica della musica. In essa si deve fondere, di essa deve vibrare.

E gran parte della musica nel flamenco è improvvisata, un po’ come accade nel Jazz: l’improvvisazione ed il qui ed ora sono sempre presenti, e la musica si adatta alla danza, che a sua volta si adatta alla musica! Per questo vedete sul palco un gruppo di musicisti di questo livello dal vivo. Ci prendiamo il lusso di vivere il flamenco nella sua verità, senza banalizzazioni e senza mistificazioni.

Avvicinarsi al flamenco significa ascolto e studio, ma soprattutto frequentazione della Spagna, centralmente dell’Andalusia, conoscenza della lingua spagnola, esperienza diretta di spettacoli e concerti, ma anche di riunioni informali, improvvisate, trascorrendo ore seduti, ad ascoltare il cante ai festival andalusi.

Noi abbiamo una grandissima fortuna: il nostro Jeromo Segura che ci porta da anni la sua grande esperienza, guadagnata in oltre 20 anni di collaborazioni con tutti gli artisti più grandi della storia recente del flamenco, e i musicisti che accompagnano le nostre lezioni, Antonio e Francesco, che si ingegnano per aiutarci a far pace con il ritmo, e a considerare il suono come il motore del nostro movimento.

Per noi che siamo stranieri, avere a disposizione il flamenco “chiavi in mano” è una bella fortuna!

A proposito di Flamenco Chiavi in Mano: il podcast di Sabina Todaro

Ecco che l’uso prepotente della tecnologia al quale ci siamo dovuti abituare in questi due anni di lockdown e smart working, ha dato i natali ad un progetto molto importante: un podcast, dal titolo appunto Flamenco Chiavi in Mano, disponibile su tutte le piattaforme di ascolto, compreso Youtube, in quattro lingue: italiano, spagnolo, inglese e francese!

Siamo già arrivati a parecchie decine di puntate, con il proposito di investigare il flamenco in tutti i suoi aspetti, curandone soprattutto quello espressivo, artistico, creativo, esplorando tutti gli aspetti che vengono solitamente dati per scontati, e che invece costituiscono il cuore di questo ricco e complesso fenomeno culturale.

Una pedagogia rivoluzionaria, quella di Sabina Todaro

Le nostre lezioni di Baile Flamenco sono sostenute da una particolarissima pedagogia, radicata nello studio preciso e puntuale dell’anatomia applicata al movimento, della neurologia, della psicologia, e in generale delle neuroscienze.

Ho sviluppato un nuovo modello di insegnamento che coltiva tutti gli aspetti della crescita artistica degli allievi. Il nostro modello pedagogico occidentale dà voce e importanza solo all’aspetto cognitivo dell’apprendimento. Il cognitivo è un aspetto importantissimo, irrinunciabile, ma non funziona, se non è sostenuto da un apprendimento corporeo e da un apprendimento espressivo, affettivo e relazionale.

Partire dall’apprendimento cognitivo significa concentrarsi sul deficit dell’allievo, non sul suo potenziale, e cercare di omologarne le movenze ad un format imposto dall’esterno.

Questa è una forzatura se si parla di arte in generale, ma quando siamo nel campo del flamenco è proprio qualcosa che lo snatura. Negli anni ‘80 e ‘90 ci sono stati tantissimi stranieri che hanno cominciato ad invadere le scuole di baile flamenco in Spagna, con il desiderio di imparare questa meravigliosa forma di danza.

Gli insegnanti hanno analizzato i propri movimenti e li hanno riproposti agli allievi, che hanno fatto un bel “copia e incolla” dei gesti, ritenendo che questa fosse l’unica maniera di insegnare il flamenco. Ma nella sua storia il flamenco è nato dalla improvvisazione, dal gesto spontaneo, motivato dalla situazione, dalla musica dal vivo, dalla presenza del pubblico o del circolo di amici e familiari o in una occasione di festa o in un circolo culturale flamenco, una peña.

D’altra parte, quando si impara a parlare un nuovo linguaggio, sempre si parte dall’apprendimento di parole, ma quando impariamo a parlare non partiamo dalle parole, partiamo dall’intenzione di comunicare.

Un bimbo di poche settimane già riesce ad usare il suono ed il movimento per comunicare alla madre le proprie necessità, e riesce a farlo in modo chiaro ed efficace largamente prima di riuscire ad esprimersi con il linguaggio.

Questo evidentemente è il format con cui il nostro sistema organizza l’apprendimento: attraverso il gioco, l’esplorazione delle varie possibilità del corpo, il piacere di farlo, la comunicazione e il dialogo tonico affettivo. Impariamo attraverso l’esperienza.

Se il corpo viene negato e compresso in forme innaturali, motivate da un “si fa così perché è così che si deve fare”, si perde completamente il messaggio del flamenco, che è la presenza, l’individualità, l’unicità, il piacere di essere nel momento presente con le persone presenti. E lo si sostituisce con un bel corollario di forme, esteticamente piacevoli da vedere.

La pedagogia delle lezioni di baile flamenco sfrutta al massimo il potenziale dell’allievo, anziché concentrarsi sul suo deficit. In primo luogo, lavoriamo sul corpo, sul suo allineamento, sull’allungamento e sul rinforzo del centro, sul senso di radicamento al suolo, sfruttando i percorsi delle catene muscolari antigravitarie e ponendo sempre più attenzione al sentire che al sapere.

Porre attenzione al Corpo, ascoltarlo, viverlo con sincerità e con rispetto: questo implica in qualche modo ritornare alla prima parte della nostra vita e riconnettersi con la nostra prima infanzia, con quel periodo in cui regole, educazione e controllo non avevano ancora fatto breccia nella nostra immagine di noi.

Il corpo di un bambino piccolo è il suo strumento per conoscere il mondo: è solo attraverso le sensazioni fisiche che apprende ed è attraverso il corpo che impara a riconoscere le emozioni e a catalogarle dando ad esse un nome e riconoscendole.

Tutto questo, nell’adulto si modifica notevolmente: l’adulto pensa. Spesso pensa troppo, e cerca di controllare, di dare delle spiegazioni anche laddove le spiegazioni non esistono. Questo lo porta ad allontanarsi molto da ciò che sente e a credere molto di più a ciò che già sa.

L’adulto nella nostra società diventa letteralmente in-sensibile, sempre meno sensibile. I sensi. La nostra capacità di relazionarci con il mondo, le nostre antenne che ci permettono di esplorare ciò che abbiamo intorno: quanto meno do ascolto ad essi e tanto più mi allontano dalla mia natura e da ciò che sono per diventare altro da me, al fine di aderire a canoni e convenzioni sociali, che non corrispondono alla mia realtà e che in ultima istanza mi fanno sempre sentire inadeguato.

Lavorando in questo modo, si crea un clima sereno e non competitivo che favorisce il piacere dell’apprendimento. La postura si modifica in modo graduale e naturalmente, interferendo con il proprio modo di essere e di vivere.

Muoversi in modo naturale ci porta a non diventare la copia dei nostri insegnanti ma a trovare il proprio stile personale in linea con la tradizione del Baile, e ad essere presenti nel corpo e nel movimento.

Ciò che vedrete in scena non è un corpo di ballo in cui l’omologazione è fondamentale. Vedrete corpi vivi, veri, diversi fra loro perché assolutamente unici. E che seguendo la loro unicità si muovono.

La coreografia è solo un mezzo, non il fine del nostro apprendimento.

Rispetto della natura e del funzionamento neurologico ed anatomico del corpo

L’azione della forza di gravità crea facilmente traiettorie a forma di elica: oltre alla più evidente struttura naturale del DNA, anche tutte le nostre ossa hanno una forma elicoidale, e si muovono lungo traiettorie curvilinee.

Anche ciò che consideriamo rettilineo nel corpo, in realtà non lo è. La natura stessa del corpo e di essere tonda. Il corpo non sta mai fermo, anche nella più completa immobilità, e continua a muoversi in un flusso, animato dal respiro e dalla circolazione di tutti i fluidi corporei, dalla peristalsi, dal cuore…

Inoltre il corpo si è evoluto in presenza della forza di gravità che abbiamo sulla Terra ed ha sviluppato le potenzialità per conservare la stabilità attraverso il movimento e continui aggiustamenti del tono e della postura.

Il movimento è imperniato su articolazioni che si muovono come pulegge caruncole e compassi. Rispettare questa sua natura permette l’espressione dell’energia cinetica senza sprechi.

L’intero equilibrio del nostro sistema viene garantito da una serie di articolazioni che a partire dall’appoggio stesso dei nostri piedi ruotano in senso elicoidale, producendo una serie di spirali.

I piedi si adattano alle asperità del suolo ed ai continui mutamenti dell’equilibrio, e trasmettono questo potenziale rotatorio ed ondulatorio a tutto il resto della nostra struttura, dal basso verso l’alto, tanto che tutte le nostre articolazioni sono costruite da Madre Natura proprio allo scopo di adattarsi nella maniera più efficace alla forza di gravità.

Quando si compie un’azione, ci sono nel corpo molti sistemi, generati dal sistema nervoso centrale e periferico, di completare il movimento rendendolo più efficace e funzionale allo scopo. In particolare, l’uso delle braccia è assolutamente legato alla coordinazione oculo-manuale, e i movimenti della parte alta del corpo sono governati dalla possibilità di orientare le nostre antenne sensoriali (principalmente vista ed udito) nello spazio.

Queste esigenze di prima necessità per la sopravvivenza stessa dell’animale uomo, se sfruttate secondo il progetto stesso di Madre Natura, permettono la produzione di movimenti molto “economici” e naturali.

La stabilità, intesa come resistenza alle perturbazioni, è un traguardo che la natura persegue sempre. Il nostro corpo ha sviluppato muscoli che si definiscono proprio stabilizzatori, e hanno il compito di permettere l’equilibrio dinamico e quindi di conseguenza l’adattamento alla forza di gravità ed in ultima analisi alla vita stessa.

Nelle lezioni del Mosaico non si insegna a controllare le braccia, ma a sentire l’efficacia del lavoro nella parte centrale del corpo, e si impara a lasciare che gli arti si muovano di conseguenza, attraverso la stabilizzazione offerta da Grandi Pettorali e Deltoidi, e di tutta la muscolatura situata nel centro del corpo, in particolare i profondissimi psoas, gli addominali obliqui, gli ischio-crurali, gli adduttori e i glutei e tutto il perineo.

Essere a proprio agio

La mia verità, che è indiscutibile perché assolutamente soggettiva (è migliore il gelato alla fragola o quello al cioccolato?), è ciò che sta dentro di me, ed accarezzarla, ascoltarla, esprimerla è quanto di più sano e rispettoso della mia essenza io possa fare: che io sia giallo, bianco, verde, grande, piccolo, scuro o chiaro non importa, perché mi sentirò bene solo quando mi sentirò a mio agio dentro la mia pelle.

Agio. Quella sensazione di poter fare di poter essere, di poter vivere senza difficoltà.

Quella sensazione di essere “ok” come siamo è l’arma più potente contro una delle malattie peggiori di questo secolo: il senso di inadeguatezza e la carenza di autostima. Nel flamenco l’autostima esiste di default, per un fatto culturale, ma nella nostra cultura occidentale, al contrario, l’autostima è del tutto carente: l’educazione non ce la insegna. E chi capisce che deve confrontarcisì, lo fa solitamente già in età adulta e soltanto in seguito a grandi sofferenze dell’anima.

In altre culture, invece, all’interno della famiglia stessa viene insegnato il rispetto di ciò che si è come un valore importante. Magari poi ci sono altri problemi pesanti o anche pesantissimi, ma al bambino si insegna che ha delle qualità mentre spesso nella cultura occidentale al bambino si insegna che ha dei difetti e che li deve migliorare.

Noi occidentali ci reputiamo da sempre migliori degli altri (intendo per “altri” le altre culture). Più maturi, più intelligenti, più colti, più moderni, più aperti e giudichiamo.

Giudichiamo senza conoscere e soprattutto senza cercare di capire. Non dico con questo che le società orientali siano migliori della nostra: ogni cultura ha i suoi limiti e i suoi pregi! Potremmo invece imparare ciò che non sappiamo, che potremmo ascoltare ciò che ancora non abbiamo ascoltato.

Nessuna rieducazione funziona senza tener conto del potenziale: se devo fare riabilitazione dopo un incidente, i miei terapisti devono tenere conto di ciò che posso e riesco a fare, e partire da lì.

Se vedo le difficoltà come il punto di partenza, molto probabilmente non mi muovo da lì!

Quando le persone vengono a fare la lezione di prova e mi chiedono “Sono portato per il flamenco?” io non rispondo mai sì o no. Rispondo “Ti piace? Bene, se ti piace sei portato!”: ho visto troppe volte persone apparentemente “portate” non imparare nulla e persone che ad un primo momento sembravano in grande difficoltà cambiare radicalmente il proprio modo di stare nel corpo, ed imparare anche piuttosto velocemente a muoversi in un altro modo, provando un piacere immenso da ciò che stavano facendo e commuovendosi addirittura,

nella scoperta di questo meraviglioso corpo che mai avevano considerato di avere.

Le persone con le quali ci troviamo maggiormente comodi e più a nostro agio sono quelle che ci permettono facilmente di dire ciò che pensiamo e ciò che sentiamo e con le quali non abbiamo paura di una cosa che danneggia gravemente la nostra quotidianità: il giudizio. E solitamente il giudice più severo siamo noi stessi!

La paura o la vergogna di non essere abbastanza, di non essere in grado, di essere di meno di ciò che sarebbe necessario. Al tempo stesso accettiamo di noi soltanto una parte, soltanto quella che vediamo avere maggiore successo in pubblico o nella famiglia: ci identifichiamo con quella, negando tutto il resto.

Ricordiamoci però che il corpo è abilissimo a trasformare l’inespresso in un sintomo.

Sabina Todaro, maggio 2022