Spettacolo Flamenco Intención en Acción 2024

Spettacolo flamenco al Teatro Osoppo con ospiti internazionali
Spettacolo flamenco al Teatro Osoppo con ospiti internazionali

Spettacolo flamenco "Intención en Acción" con ospiti internazionali

Spettacolo flamenco "Intención en Acción" con ospiti internazionali

Intención en Acción Intenzione in azione

In questa pagina trovi il programma con tutti i dettagli dello spettacolo

Per acquisto biglietti e informazioni manda un 📲 messaggio WhatsApp 3396173388

con

  • Jeromo Segura cante flamenco
  • Carlos Guillén cante flamenco
  • Antonio Porro guitarra flamenca y composición musical
  • Raúl Dominguez Soto El Botella cajón y percusiones
  • Alessandro Longhi flauta
  • Sabina Todaro coreografía y palmas
  • Ivana Zanini palmas y cante
  • Karen Sánchez danza española y palmas
  • Alessandra Pisani palmas
  • Audio e luci Paolo Minuti e Roland Erulo
  • Progetto grafico Silvia Giannangelo
  • Foto Jacopo Barsotti
  • Video Luca Brovelli
  • Organizzazione e stesura del presente programma Sabina Todaro
  • In scena, i ballerini del Mosaico Danza, diretti da Sabina Todaro

Attenzione: lo spettacolo non prevede un intervallo

Il tema dello spettacolo

Intenzione in azione

intenzione viene dal latino intentio-onis. Esprime il tendere a, il rivolgersi, ma anche il capire, appunto l’intendere.

L’intenzione è l’orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, la direzione della volontà verso un fine. Il proposito, anche senza una volontà chiaramente determinata e quindi senza la corrispondente volontà di operare per conseguirlo. L’ambito è quello della decisione, della volontà, ma ha un valore più attenuato e “possibilista” rispetto a questi termini, che implicano l’aver deciso in maniera risolutiva. L’intenzione è orientarsi verso un fine, disporre l’animo verso un proposito.

Azione viene dal latino actio-onis, che deriva da agere, agire.

Agire è espressione della volontà e implica una scelta

Se all’azione corrisponde l’intenzione, possiamo dire che l’agire è frutto di una scelta attiva. E quindi non accade per caso, o per sbaglio.

Se all’azione non corrisponde un’intenzione, l’agire è invece poco efficace. Nell’azione fisica, la cosa si complica ulteriormente perché in mancanza di intenzione tutto il linguaggio non verbale perde di significato e può arrivare persino a negare il contenuto che dovrebbe invece essere espresso dal gesto. In linguistica si potrebbe dire che il significante non riesce a rendere il significato!

Il nostro corpo è nato per comunicare: sono comunicativi i bambini, sui quali si può leggere ciò che provano in ogni cellula, in ogni minimo gesto o atteggiamento corporeo! La corteccia prefrontale, tuttavia, è in grado di governare le azioni in maniera molto efficace, ad esempio inibendo comportamenti non socialmente accettabili, e se il nostro pensiero è molto orientato al controllo, la corteccia prefrontale potrebbe togliere al gesto qualsiasi altro contenuto che non sia la mera forma. Ballando, suonando o cantando, controllo significa cercare di ricordare con precisione quello che dobbiamo fare ed eseguirlo “bene” secondo canoni estetici, alla ricerca della precisione formale, della “pulizia”.
Il flamenco non ha a che fare con la pulizia. Il flamenco non deve suonare pulito: deve suonare vero!

Riflettendo sulla danza, fra l’altro, consideriamo che nell’interpretare i segni della comunicazione si tende sempre a dare più valore al linguaggio non verbale, alla postura, agli sguardi, alla qualità dei gesti che alle forme. Se quindi ballando la nostra intenzione fosse difforme dall’azione, risulteremmo semplicemente “falsi”, non credibili. Qualunque cosa facessimo!

Quando ci giudichiamo ed abbiamo dubbi e lamentele su noi stessi o sulla situazione circostante e ci auto-boicottiamo, la corteccia prefrontale si attiva tantissimo. Si può anche cercare di “vietarci” di criticarci ma è un tentativo inefficace, anche perché l’educazione occidentale stessa ci insegna che criticarci sempre è cosa buona e giusta!

Il giudizio ci fa vedere noi stessi come degli imbranati. E non ci mette in uno stato di piacere e godimento. E questo non dipende dal nostro livello di capacità “tecniche”: con tutte le critiche che mi faccio non migliorerò e anzi, mi sentirò sempre inadeguato, non riconoscendo il valore di quello che faccio.

La danza in questo modo muore.

Il flamenco è proprio il contrario del controllo: il flamenco è l’ascolto.

Nel flamenco ogni gesto è la rappresentazione fisica di una emozione e di una intenzione. E pertanto c’è sempre una coerenza profonda fra intenzione ed azione. Altrimenti, non c’è flamenco!

Su cosa abbiamo lavorato

Abbiamo lavorato sul sentire, sul seguire la logica spontanea del corpo, la sua natura espressiva, emozionale, oltre che il percorso naturale delle sue catene muscolari nel rispetto della funzionalità dei suoi muscoli e delle sue articolazioni. Il tutto sempre alla ricerca del gesto personale, la cui forma nasce assolutamente dal contenuto, senza dar rilevanza a canoni estetici e formali, che fra l’altro ben poco hanno a che fare con la natura stessa del flamenco.

Il “rischio” di lavorare sull’intenzione e non sulla forma è che, una volta messo in scena, il gruppo si muova in maniera disomogenea.

Bene, ci assumiamo il rischio di sembrare “non bravi”: lo scopo di metterci sul palco non è quello di mostrare quanto siamo bravi. E neppure di far vedere ciò che abbiamo imparato. Saliamo sul palco per condividere un “pezzo” di noi, della nostra umanità, regalandolo a chi ci guarda. La forma è soltanto un mezzo. Il fine è il contenuto.

E il flamenco non è una forma da rivestire con un contenuto ma al contrario è un contenuto che assume una forma.

Nei corsi del Mosaico, con la pedagogia Metodo Todaro si approccia il flamenco tenendo conto dell’essenza di questa forma d’arte, che si basa sul godere il presente, sulla ricerca dell’essere a proprio agio mettendo a loro agio gli altri, sul raccontare con coraggio la propria verità ed esprimere il proprio vissuto interiore. Dando voce a tutto ciò che solitamente tace. Il tutto, nel rispetto e nella conoscenza di una tradizione, che, fra l’altro, non appartenendo alla nostra quotidianità culturale, merita la massima attenzione.

Per fare questo, il Metodo Todaro lavora con l’aiuto delle Neuroscienze: si esplora il corpo leggendolo alla luce dell’Anatomia in Pratica, della Neurologia e del funzionamento del cervello, della Psicologia, e si sperimentano le nostre possibilità espressive ponendo attenzione a tutte le capacità sensoriali, imparando ad essere nel presente, senza giudizio, perseguendo il più possibile lo “Stato di flow”.

Come dice Mihaly Csikszentmihalyi, psicologo comportamentista di origine ungherese, cresciuto professionalmente negli Stati Uniti, creatore del concetto di flow, flow è essere completamente presenti, in totale concentrazione e focalizzazione. Nello stato di flow tutto sembra accadere senza fatica. Le distrazioni esterne perdono importanza e ci si sente parte di qualcosa di più grande.

Così si lavora sul flamenco al Mosaico: corpo e mente sono una unità inscindibile, e quando siamo immersi nella nostra intenzione, tutto “il resto” perde importanza e ci sentiamo sereni e perfetti così come siamo.

“Far bene o far male” implica un giudizio, che per il nostro modo di lavorare è cosa marginale, e non è dunque di primaria importanza. L’unico canone da rispettare è la ritmica, che nel flamenco è come una guida, un binario che permette al treno di non deragliare. E quanto più siamo nello stato di flow e tanto meno il treno della nostra produzione ritmica funziona.

Restando orientati sull’intenzione, siamo focalizzati e godiamo del piacere di quello che facciamo. Lo scopo non è quello di raggiungere un risultato, ma di goderci il percorso. Nulla è importante se non godersi il momento.

Rimanendo nel flow anziché nel controllo e nel giudizio è molto più facile seguire il ritmo. Quando siamo totalmente presenti e focalizzati su una intenzione, si disattiva parte della corteccia prefrontale dorsolaterale.

E si diventa quindi più coraggiosi, ci si lancia maggiormente nelle cose ed aumenta la nostra capacità di immaginare nuove possibilità, lasciando spazio alla creatività. Il nostro cervello viene inondato da grandi quantità di neurotrasmettitori (dopamina, endorfine, serotonina e noradrenalina) grazie ai quali aumentano le nostre prestazioni fisiche, il nostro umore diviene più sereno, e ci sentiamo più energici e creativi.

Tutto ciò permette di tirar fuori qualcosa da sé e metterlo a disposizione degli altri. E di farlo insieme al gruppo. In una comunione di intenti che diventa un moltiplicatore dell’espressione del singolo. Soprattutto durante la produzione di ritmi, orientandosi sul “nascondere” il proprio suono nel gruppo, in comunione e condivisione con gli altri, ci permette di trovare un momento magico, in cui l’intenzione di tutti si allinea e siamo all’unisono. In quel momento, tutto è perfetto. Ovviamente, non sempre ci riusciamo: siamo una scuola e stiamo imparando.

L’atmosfera dei corsi di flamenco del Mosaico

Lavorando sul sentire, sulla presenza, sul flow e sul godersi quello che si fa, l’atmosfera è sempre molto giocosa, serena e divertente. Si ride tantissimo, si scherza in continuazione e ci si emoziona molto. Spesso nelle classi si passa da risate a crepapelle a momenti in cui qualche lacrimuccia di commozione fa capolino sui nostri occhi.

Tutto questo crea una forte complicità e confidenza fra gli allievi, che infatti spesso diventano amici fra loro e scelgono di condividere pezzi di vita, esperienze ed emozioni che vanno molto oltre la danza.

Il desiderio di condivisione e la creazione del senso di comunità portano gli allievi a contribuire personalmente in ogni modo a qualcosa che sentono come propria, condividendo cibo, oggetti, arredi, e utilizzando lo spazio come se si trattasse di casa loro, eventualmente intervenendo a sistemare qualcosa che abbia bisogno di attenzione: se finisce la carta igienica, l’acqua o se c’è un sacchetto di spazzatura da buttare, qualcuno provvede.

Questo modo di lavorare sul flamenco interferisce fortemente sul modo di affrontare la vita: per moltissimi, partecipare al corso di flamenco significa segnare un prima e un dopo. Capire che si può imparare a scegliere la propria strada e a vivere con maggiore presenza ogni aspetto della propria giornata. Eventualmente imparando a “tagliare i rami secchi”!

Il Podcast Flamenco Chiavi in Mano

Supporto preziosissimo alle lezioni è la ricca collezione di podcast “Flamenco Chiavi in Mano”, prodotto da Sabina Todaro, che si trova su tutte le piattaforme che trasmettono podcast e anche su Youtube. Il lavoro è condotto interamente da Sabina Todaro. Offre una visione rivoluzionaria sul flamenco, che spazia dalla cultura alla storia, alla teoria musicale, alla psicologia, alla comunicazione, alla neurologia e conduce a riflettere sul flamenco e in generale sulla vita.

Iscriviti al canale youtube e attiva la campanella per sostenere questo enorme progetto dedicato alla diffusione del flamenco: https://www.youtube.com/channel/UC7ec0qWczMRkrjN85K1eL9Q"

Avvertenze sul presente programma

Nel descrivere brevemente i brani dello spettacolo, facciamo riferimento centralmente al cante, che è il cuore del flamenco, ed esprime in maniera profonda l’identità del palo, dello stile che viene trattato. Di ogni brano definiamo il ritmo, e la sua particolare accentuazione, la velocità e la modalità musicale in cui viene suonato, che determina l’atmosfera del brano, qualche particolarità storica e culturale e consigli su ciò che sarebbe importante osservare per capire ed apprezzare di più il brano.

Un piccolo riferimento alla teoria musicale per “non esperti”:

La musica più antica in Europa nasce come monodica, cioè si sviluppa in modo che tutte le voci producano una melodia unica, senza sovrapposizioni di altre voci; un esempio unico è stato il canto gregoriano, un canto sacro, in latino, rigorosamente monodico.

In seguito, storicamente, si sviluppano le prime forme di sovrapposizione di diverse linee melodiche, che procedono parallelamente alla linea principale, ma prodotte da una nota diversa; l’organum, il discanto, tra le prime a nascere.

La linea melodica viene ripresa e suonata a partire da una nota più acuta o più grave: punctum contra punctum (nota contro nota, questo fenomeno che prende il nome di “contrappunto”), o semplicemente spostata da un punto di vista ritmico, sfasata sul tempo (questo fenomeno è il “canone”).

La musica che si definisce modale ha un centro, una nota che ha maggiore importanza ed è particolarmente ricorrente nelle varie strutture melodiche.

Il flamenco lavora come musica modale: dà molto valore ad una nota in particolare, che in teoria musicale si chiama “tonica”, e si appoggia su una seconda nota, che ricorre altrettanto spesso, e che viene chiamata “dominante”. Tutte le melodie del flamenco iniziano o finiscono su queste due note, che sono diverse a seconda della modalità musicale utilizzata nel brano (maggiore, minore o flamenco), e che garantiscono una vera e propria identità musicale.

  • La modalità maggiore esprime solarità, serenità, giocosità.
  • La modalità minore esprime serietà, compostezza, un certo grado di malinconia.
  • La modalità flamenco (che musicalmente viene assimilata alla modalità andalusa o frigia) è genericamente malinconica, ma si adatta ad una incredibile molteplicità di possibilità espressive, a seconda della commistione fra i toni, la frase ritmica e la velocità. In generale, si tende a percepire come “più” allegro" ciò che è più veloce, e come “malinconico” ciò che è semplicemente più lento.

Programma dello spettacolo

Presentazione por tangos

Il Tango è uno dei palos (stili) del flamenco più divertenti, più allegri, più scanzonati e più ritmati, che portano giocosità, gioia di vivere e voglia di muoversi. Ha un ritmo molto facile da comprendere in 4/4, che coinvolge facilmente chi lo ascolta, anche qualora non avesse orecchie educate al flamenco.

Abbiamo scelto di iniziare il nostro spettacolo con questo palo per invitare il pubblico a sentire l’entusiasmo e la gioia che proviamo ballando flamenco.

I nostri cantaores ci canteranno una selezione di diversi stili di tango, che danzeremo assolutamente con lo spirito di una festa, nella gioia di condividere e di godersi il momento, tutti insieme.

Sul palco (quasi) tutti gli allievi di Sabina Todaro che hanno deciso di esibirsi questa sera sul palco, tutti insieme a prescindere dal loro livello di preparazione, in un vero spirito di comunione. Ognuno al Mosaico è una tesserina che contribuisce a creare l’immagine totale!

Soleá de Alcalá

La Soleá è uno dei palos più antichi e caratteristici del Flamenco. Il termine deriva da soledad, solitudine, e ben esprime l’essenza malinconica del palo. Parlare di solitudine nella cultura andalusa sembra un errore: gli andalusi sono molto socievoli, vivono in famiglie allargate, hanno relazioni sociali con parenti fino al quindicesimo grado (se non oltre!), hanno tantissimi amici e curano con grande attenzione le relazioni con il vicinato.

Quindi perché il flamenco dedica un palo alla solitudine? Perché nonostante la vicinanza e l’affetto di altre persone, risulta umanamente chiaro che sarà impossibile che gli altri possano capire esattamente che cosa stiamo sentendo.

È un palo molto diffuso, e praticamente ogni cantaor e ogni bailaor ce l’hanno nel loro repertorio.

Ha un ritmo in 12 tempi, composto di due metà diverse fra loro (si chiama “ritmo di amalgama”), fenomeno molto tipico nel flamenco, ed una velocità cadenzata, che rende l’atmosfera solenne e maestosa.

Si suona in modalità flamenca.

Il cante entra sul contrattempo e presenta degli appoggi chiari per chi è abituato ad ascoltarlo e… assolutamente imperscrutabili per chi non ha familiarità. Se dovessimo scriverla su un pentagramma, avremmo bisogno di una manciata di note: la profondità di questo palo sta nella componente espressiva, non certo nella varietà della sua melodia.

Quando viene interpretata dal baile, solitamente si cantano alcuni generi specifici di Soleá, fra i numerosissimi che esistono. Noi abbiamo scelto la più lenta, quella di Alcalá.

Dal punto di vista del baile, la Soleá richiede grande radicamento al suolo ed equilibrio, fisico e mentale. Nella letra, il bailaor deve ascoltare il cante e viverlo profondamente, senza “coprirlo” con mille movimenti tecnici, commentandolo in alcuni punti salienti con opportuni remates ritmici, che esaltino il messaggio poetico e l’espressione del cantaor.

La forza della Soleá consiste nel trattenere, allungare, stirare ogni parte del corpo per poi scaricare la tensione in isolati momenti ritmici molto significativi.

Importante nel baile por Soleá è la sezione dedicata alla ritmica dei piedi, l’Escobilla, che inizia lenta per evolvere tradizionalmente verso un “cambio de sentido”, con un aumento notevole della velocità e con un cambio di atmosfera. La musica diviene molto più leggera e scanzonata, e si termina solitamente in Bulería de Jeréz.

Un punto di riferimento del baile por Soleá sono i ballerini Manuela Carrasco e El Farruco, ambedue sivigliani.

El pasito que yo doy ese no lo daba nadie lo hago yo por mis niñas que están pendientes del aire

il passetto che faccio io non lo faceva nessuno, lo faccio io per le mie bambine, che sono in sospeso anche riguardo all’aria

Il senso di questa letra è che faccio grandi sacrifici per mandare avanti la mia famiglia e nessuno li può capire.

El Vito, solo di danza spagnola

“El vito” è una danza, canto e musica popolare andalusa che nasce come canto popolare. In seguito fu avvicinata al flamenco o resa più affine al sentire gitano, e attualmente fa parte del repertorio della Scuola Bolera e della danza stilizzata.

Il suo nome si riferisce a San Vito, il patrono dei danzatori. È in 3/8, e la sua tradizione si è conservata lungo diversi secoli, nonostante non ne esistessero versioni scritte ma la sua sussistenza fosse sempre tramandata dalla tradizione orale.

L’interpretazione che Karen farà di questo brano con Antonio questa sera è di “Danza Spagnola Estilizada” con le nacchere

Mariana

È un cante molto espressivo, particolarmente bello e purtroppo poco diffuso nel repertorio dei cantaores (forse perché richiede capacità vocali non alla portata di tutti, ma noi non abbiamo questo problema, con le bellissime voci dei nostri cantaores!).

Parla di un argomento legato ad uno dei lavori tradizionali gitani: si riferisce ad un circense che vive facendo spettacoli con una scimmietta, di nome, appunto, Mariana, che per lui è la sua vita, la sua famiglia, il suo sostentamento, l’affetto, la compagnia.

Le letras di Mariana si riferiscono spesso alla scimmia Mariana, e per estensione all’amore.

Parlando del cante por Mariana si deve assolutamente ricordare il cantaor di malaga Juan Breva, El Niño de las Marianas, poi noto come El Cojo de las Marianas, e anche Luis López e Bernardo de Los Lobitos, che l’hanno evoluta nella sua forma odierna.

La Mariana ha una cadenza un po’ a metà strada tra altri generi flamenchi, il Tango, il Tiento e la Zambra, con sonorità molto arabeggianti, e viene cantata in modalità flamenca, su ritmo di 4/4.

Corazón está noche haremos encaje de bolillos con puntitas tu y yo

cuore, questa notte faremo il pizzo al tombolo tu ed io

(un bel modo di promettere attività sentimentali, senza essere volgari!)

Solo Musicale

Avremo occasione di ascoltare i nostri bravissimi musicisti, soffermando l’attenzione sul flauto, sulle percussioni e sulla chitarra.

Minera e Taranto

Minera e Taranto fanno parte dei cantes de levante, fortemente legati alla tradizione delle miniere delle zone più orientali dell’Andalusia e della regione di Murcia.

Ascoltiamo una letra di Minera, palo flamenco tipico della cittadina de La Union, in provincia di Murcia. Questa letra ha uno stile molto particolare e rarissimamente cantato, oggi giorno. Il flamenco è tramandato oralmente e se uno stile non viene cantato, rischia di perdersi.

Il nostro Jeromo è un cultore della tradizione e sui cantes de levante: ha fatto studi molto approfonditi, riportando alla luce melodie che si stavano perdendo. La Minera che ci presenta fa parte di questo repertorio.

Se fue a trabajar un puente/ un minerico apurado/con su pico preparado/ encontró el terreno fuerte/ y por eso se ha marcha’o

andò a lavorare un ponte un minatore che aveva fretta con il suo picchetto preparato ha trovato terreno duro, e per questo se ne è andato

I cantes de levante esprimono in pieno la fatica, il pericolo, il dolore, la morte, ma anche il legame forte con l’ambiente minerario, fonte di sostentamento di tantissime famiglie.

Taranto ha la tendenza a seguire un ritmo di 4/4, ma, qualora venga interpretato dal cante senza baile, l’obbligo di persistenza di una regolarità ritmica non esiste più.

Fra i palos de Levante, il Taranto è l’unico che si balli, tradizionalmente. L’atmosfera del cante è molto oscura e cupa, a simbolo della dura vita dei minatori e delle loro famiglie.

Caratteristica del costume delle bailaoras è il grembiulino, che ricorda l’origine popolare e contadina del palo. Gli abiti sono scuri perché tutte le famiglie dei minatori sono state sempre in lutto, per la perdita di qualche familiare nei frequenti incidenti sul lavoro (ovviamente nella tradizione non c’erano le odierne misure di sicurezza, e lavorare in miniera era davvero pericolosissimo).

La miniera, però, oltre a portare il lutto, portava la vita: accanto al mondo minerario, infatti, sorgeva un fermento economico, e l’agglomerarsi di persone provenienti da altre regioni aiutava la fioritura creativa di musica e canto, per dare ai lavoratori un momento di ricreazione e svago, oltre che il commercio (servizi, ristorazione, locali di intrattenimento, abiti, scarpe…) e quindi il rapporto con la miniera era di amore-odio.

Inoltre i minatori, insieme al timore per i pericoli incombenti, avevano un grande rispetto per la miniera ed un amore per il fatto che la condizione di solitudine estrema, di silenzio, di lavoro faticoso e ben poco confortevole li portava obbligatoriamente a vivere in uno stato di meditazione del quale… non avrebbero più potuto fare a meno!

Il tocaor accompagna il cante in modo poco ritmico, sottolineando la linea melodica con disegni creati soprattutto con il pollice sulle corde gravi dello strumento, che è proprio la caratteristica peculiare di questo palo dal punto divista della chitarra.

Molto particolari sono i cortes, le pause del cante, che vengono commentati dalla chitarra con una breve melodia tradizionale, incredibilmente piuttosto allegra, e dal baile con una scarica di suoni forti e decisi. Il baile por Taranto è solenne, con movimenti lenti e “pesanti”, interrotti dai bruschi suoni dei cortes.

Una volta sviscerato ed esternato il dolore, il flamenco va verso la gioia di vivere e anche il Taranto segue questa tendenza, con il cambio de sentido por Tangos, e di solito i cantaores interpretano letras di Tangos de Granada. Il cantaor Fosforito ha contribuito ad una maggiore definizione di questo cante, che è molto complicato, serio e malinconico, molto ricco di melismi e pone a dura prova il cantaor (ma noi, grazie alla voce di Jeromo Segura… siamo in una botte di ferro!).

Il cante por Taranto si caratterizza per l’uso della voce molto prolungato: il cantaor fa lunghissimi respiri che gli permettono di usare la voce in maniera molto toccante, come un lamento

Solo cante Ivana

Siamo una scuola, abbiamo tanti allievi di baile e anche allievi di cante. Presentiamo Ivana Zanini, che ormai studia con Jeromo da anni, fra mille peregrinazioni dalla sua Merano a Milano e a Huelva, seguendo una passione infinita e incontenibile.

Ci farà ascoltare un cante difficile e molto bello: la Petenera.

Tango De Málaga

Tutti i tangos hanno una influenza d’oltremare, della musica americana, e questo ancora di più.

Nasce come evoluzione dai Tangos di Granada, più che da quelli della zona ovest dell’Andalusia. Ha ritmo di 4/4, lento e cadenzato.

Il baile è solenne ed espressivo. Si muove musicalmente sulla modalità minore; il ruolo della chitarra è molto simile a quello che ha nella Farruca, che ascolteremo più tardi, da cui questo palo differisce per melodia e complessità canora delle letras.

Dopo il cambio de sentido, il cante passa in modalità maggiore ed aumenta di velocità, diventando un Tango vero e proprio, e termina in una esplosione di gioia e divertimento.

I nostri allievi, nel ballarlo, non possono fare a meno di cantare il ritornello finale, in una esplosione di allegria:

Si tus ojillos fueran/
aceitunas verdes/
toda la noche estaría/
muele que muele/
Si tus ojillos fueran/
terrón de azúca/
toda la noche estaría
chupa que chupa chupa que chupa

se i tuoi occhietti fossero olive verdi,
tutta la notte starei “macina che macina”.
Se i tuoi occhietti fossero zollette di zucchero
tutta la notte starei “succhia che succhia”

Alegrías

La Alegría è un cante allegro, festoso, come ci indica lo stesso nome, che deriva dal latino Alicer, Alecris.

Nasce tipicamente a Cádiz, città in cui l’umorismo e appunto l’allegria sono tradizione secolare, forse proprio per combattere una povertà che per tantissimi anni è stata molto pesante. Fa parte della famiglia delle Cantiñas, che comprende anche Caracoles, Romeras, Mirabrás e Rosas.

Si canta e si suona in tonalità maggiore, e si svolge su un compás di amalgama in 12 tempi con velocità piuttosto sostenuta. Le letras parlano generalmente di amore e della città di Cadice.

Si tratta di un cante dinamico, super energetico e molto adatto al baile, e permette al cantaor una grande libertà espressiva.

Il baile por Alegrías viene normalmente praticato sia da donne che da uomini, che in alcuni casi esprimono proprio in questo palo il meglio delle proprie capacità ritmiche, ed è forse il baile più diffuso, uno di quelli che tutti gli artisti hanno nel loro repertorio.

Esprime energia e vitalità, richiede tantissimo fiato e una grande forza fisica, con movimenti scattanti e improvvisi.

In tutte le Alegrías da baile si inserisce un intermezzo lento, chiamato Silencio, in tonalità minore, in cui il bailaor ha modo di esprimere emozioni più languide e di prendere forza per affrontare l’escobilla, la parte ritmica, che in questo palo ha un ruolo molto importante. Alla fine il baile fa un cambio de sentido e va por Bulería de Cádiz, mantenendo lo stesso ritmo e la stessa modalità musicale ma diventando più rapido e scanzonato.

Solo Baile di Sabina Todaro

Si tratta di una improvvisazione totale, senza schema e senza prove, e fino alla data di redazione di questo programma, non abbiamo neanche scelto il palo flamenco da esplorare, nel rispetto della natura profonda del flamenco: quella dell’essere presente, godersi la situazione e comunicare con gli altri elementi del gruppo.

Ovviamente, affinché tutto funzioni, è necessario che tutti conoscano le “regole del gioco”, i codici di comunicazione del flamenco e la sua struttura tradizionale, ma le sorprese potrebbero essere dietro l’angolo ad ogni momento!

Appoggiarsi ai nostri musicisti è comunque come sdraiarsi su una nuvoletta e godersi una festa!

Guajíra

La Guajíra fa parte dei palos cosiddetti “de ida y vuelta”, di andata e ritorno dalla Spagna alle Americhe. Il temine guajíra deriva da guajíro, il contadino di Cuba, inteso come contadino di origine spagnola, che godeva di uno status migliore di quello dei contadini locali.

In particolare, in questo palo ci si riferisce alle donne delle famiglie di questi contadini, legate alla terra di Cuba a causa del commercio o forse delle piantagioni di tabacco e cotone.

Si tratta di un cante aflamencado che ha radici nel folklore cubano, in un genere musicale chiamato “El Punto”. Le strofe cantate sono piuttosto lunghe, rispetto ai canoni soliti del flamenco comprendendo dieci versi (sono infatti dette “decimas”), su una frase ritmica di amalgama in 12 tempi e su tonalità di La maggiore.

È un palo molto melodico, e crea un’atmosfera rilassata, serena e fluida. Il baile por Guajíras, trattando delle atmosfere esotiche latino americane, si caratterizza per l’uso di grandi ventagli o di mantónes (scialli). I movimenti sono morbidi ed eleganti e acquisiscono fluidità caraibiche, senza perdere, però il loro carattere flamenco.

Noi abbiamo scelto per i nostri costumi di fare una citazione degli abiti da feria, da festa tradizionale andalusa, per rendere l’atmosfera tradizionale di festa.

Un esempio magistrale del baile por Guajíras è quello che Merche Esmeralda ci offre nel film “Flamenco” di Carlos Saura (1995) e del quale si trova facilmente la copia su YouTube. Il baile è tipicamente femminile, non certo in termini di ammiccamenti o volgarità (questo con il flamenco non ha nulla a che vedere…), ma perché esprime la quintessenza dell’energia femminile: accogliente, serena, gioiosa, dolce ma al tempo stesso forte.

Le sue letras si riferiscono fondamentalmente a Cuba, a La Habana e ai suoi abitanti, o a temi di amore e nostalgia. I temi del cante hanno a che fare con la nostalgia dei viaggiatori fra la Spagna e Cuba, e soprattutto di coloro che lasciavano Cuba per tornare in Europa. Il cante era pieno di descrizioni d ipaesaggi e situazioni relative alla terra cubana.

Letra di Guajíra in forma decima:

“Contigo me caso indiana/
Y si se entera tu papa/
Y se lo dice a tu mama/
Hermosisima cubana/
Que tengo una casa en la Habana/
Destinada para tí/
Ay con el techo de marfil/
Y el piso de plataforma/
Para tí blanca paloma/
Traigoyo la flor de lis”

Mi sposo con te, indiana/
E se se ne accorge tuo papà/
e lo dice a tua mamma/
affascinantissima cubana/
Ho una casa a La Habana/
Che è destinata a te/
Ay! Con il tetto di avorio/
E con una piattaforma per pavimento/
Per te, bianca colomba/
io porto il fiore del giglio.

Ecco una promessa di matrimonio a una bella cubana!

Nel nostro montaggio la Guajíra termina con un ritornello (estribillo) allegro e veloce, creando un cambio de sentido in Bulería che non è sempre presente.

Ecco la letra del cambio:

“De España te traigo flamenca/
Pa’ tu deleite la uva/
Y tu te quedas col mango/
Y la rica papaya de Cuba”

Ti porto dalla Spagna, flamenca/
L’uva per dilettarti/
E tu resti con il mango/
e la succulenta papaya di Cuba

I giochi di parole sono sempre legati al corteggiamento e all’amore.

Solo cante

Godremo l’emozione di ascoltare i nostri cantaores dal vivo. Un vero lusso!

Farruca

Il termine “farruca” viene da farruco, parola con cui gli andalusi e anche i cubani indicavano il Galiziano o l’Asturiano appena uscito dalla sua terra d’origine. L’origine etimologica di Farruco viene dall’arabo Faruq, coraggioso.

Se ne vedono le origini nei canti popolari Galiziani, forse più che altro poiché di quella regione parlano molte letras più diffuse.

La Farruca è un cante molto cadenzato e malinconico e viene suonata normalmente in tonalità di La minore, anche se nei solo di chitarra la si può suonare in Mi minore o in Re minore. Il ritmo è cadenzato, in 4/4.

La malinconia del cante, riconducibile generalmente alla famiglia dei Tangos, potrebbe derivare probabilmente dalla nostalgia provocata dall’ emigrazione galiziana del XIX verso le Americhe, sia da parte degli uomini per la terra di Spagna, sia da parte delle donne per gli uomini di famiglia, emigrati.

Di richiamo alle melodie antiche galiziano-portoghesi, la Farruca prevede un momento caratteristico nel cante, tanto nella prima quanto nella seconda metà della letra, con una tipica discesa tonale, come sentiremo.

Il cante por Farruca non viene presentato molto spesso come cante solistico, dal vivo e viene più che altro utilizzato per accompagnare un baile. Anche nella discografia non ne troviamo, purtroppo, tantissimi esempi.

Il Baile por Farruca è sobrio, lineare e mascolino; è spesso interrotto da remates (chiusure ritmiche) molto sonori, e caratterizzato da un lavoro ritmico spesso intricato e ricco di suoni sincopati, in cui la danza esprime appunto la forza e l’eleganza in movimenti essenziali e di energia maschile.

Il carattere maschile del baile non implica che le donne non ci si possano misurare, ma solo che ne devono salvaguardare la qualità tipica nei movimenti, e possono anche indossare abiti maschili, esaltando il lavoro di taconeo e le linee geometriche e nervose disegnate dalle gambe.

La nostra introduzione, prima della classica “salida del cante” che si esprime con i suoni tradizionali di “Trantrantreiro” dice: Ya se va la Luna por el olivar/ La sigue un gitano/Que la quiere enamorar [ormai la luna se ne va sull’uliveto, la segue un gitano che vuole farla innamorare]. Anche se non la vediamo di persona, nella nostra coreografia Luna c’è davvero: nella pancia della sua mamma Clara!

Presentación del cuadro musical

Jeromo Segura - cante e ispirazione musicale

Jeromo José Segura Parades nasce a Huelva. Si avvicina al cante flamenco come autodidatta e nel 2000 è tra i finalisti del “Concurso de Fandangos Jovenes” ed ottiene una borsa di studio che gli consente di studiare con vari maestri, tra i quali Naranjito de Triana e José de la Tomasa. Comincia la sua carriera professionale sia come cantaor solista che cantando per il baile.

Partecipa a vari festival assieme a personaggi come José Merce, Paco Taranto, Carmen Linares, José Menese e molti altri.

  • Nel 2001 vince il premio “Jovenes Cantaores” del “Concurso de la Union” cantando un “Martinete de Triana”, nel 2003 è finalista al concorso “Estepona Cantaora” e nel 2004 si esibisce alla “Bienal de Sevilla”. Collabora con numerose e affermate compagnie flamenche come quella di Rafael Campallo ed Eva Yerbabuena, partecipa alla realizzazione di un film documentario sull’Andalucia ed a programmi televisivi di Canal Sur.
  • Nel 2011 incide il suo cd da solista “Oro Viejo” : “Come il metallo nella fucina viene forgiato dal martello che lo lavora in un continuo battere sull’incudine sino a che non assuma la forma desiderata così la voce plasma le letras dei vari palos alla ricerca del risultato ideale. Dal cante è nata la mia vita e ora la mia vita è il cante e queste due cose sono “Oro Vejo”.
  • Nel 2013 vince il prestigiosissimo premio Lampara Minera del festival de La Union, e continua la sua carriera internazionale come solista e accompagnando spettacoli di danza in tutto il mondo.
  • Nel 2014 incide il prestigiosissimo cd “La voz de la mina” che rimarrà nella storia del flamenco: per la prima volta vengono registrati alcuni cantes della zona mineraria della provincia di Murcia, assolutamente inediti, sopravvissuti soltanto grazie alla tradizione orale!
  • Nel 2016, incide il cd “Romances de Alosno”, dando nuovo impulso ai cantes tradizionali della provincia di Huelva.
  • Nel 2018 esce il suo ultimo cd, con la produzione di Paco Romero, “Lo que yo quería”, in cui Jeromo esplora il flamenco e i suoi dintorni con una grande creatività e nel rispetto della tradizione. Questa opera lo consacra ogni giorno di più fra le voci in assoluto più significative del panorama flamenco attuale.

Ricercatissimo da tutti gli artisti per la bravura ed il carattere meraviglioso che ha, Jeromo lavora tantissimo e predilige i lavori che implichino un coinvolgimento culturale. Nell’ultimo anno sta portando avanti uno spettacolo “La vida contada y cantada” dedicato a Paco Toronjo, colui che rese flamenco il fandango de Huelva, in cui il nostro cantaor si immedesima con Paco in maniera quasi medianica.

Sabina Todaro - “La Maeshshshtra Nosshtra” e coreografa

Sabina Todaro studia il baile Flamenco e le danze del mondo arabo dal lontano 1985, fra i primissimi in Italia, in un’epoca in cui queste forme d’arte erano completamente ignorate, se non fraintese. Affascinata dalla musica, investiga la struttura musicale araba e le sue relazioni con il flamenco, dando vita a due portali specifici in continuo aggiornamento, mosaicoflamenco.com e danzaemusicaaraba.com col desiderio di diffondere queste culture musicali e coreutiche.

  • Produce il podcast “Flamenco Chiavi in Mano”, disponibile in italiano, inglese, francese e spagnolo, e produce i video della serie “Le Perle di Sabi”, riflessioni sul corpo e dintorni. Trovi tutto sul canale Youtube “Sabina Todaro Flamenco Dance & Body Awareness”.
  • Ha studiato baile Flamenco con moltissimi maestri, principalmente in Andalucía, ma la sua vera scuola è identificarsi con le emozioni di ogni artista che ha visto esibirsi, in scena o in occasioni informali, casuali. Fra tutti i bailaores, grandissimi, grandi o quasi sconosciuti, che l’hanno accompagnata lungo la strada del Flamenco, incontri cruciali sono stati, nello sviluppo del suo percorso artistico, Rafaela Carrasco, Eva La Yerbabuena, Isabel Bayon, Ángel Atienza, Antonio Canales, Antonio El Pipa, El Torombo, La Lupi
  • Ciò che davvero le ha insegnato cosa sia il flamenco è l’esperienza di ascolto del cante, negli innumerevoli recital a cui ha presenziato, e tutte le situazioni di flamenco “vissuto”, spontaneo. La comprensione del flamenco avviene soprattutto attraverso l’ascolto del cante. Jeromo Segura è sicuramente la sua musa ispiratrice più forte! Scherzando (ma neanche troppo) dice che Jeromo è il suo maestro… di baile flamenco!
  • La sua formazione nella danza comincia all’età di neppure sei anni e da allora si dedica allo studio di una grande quantità di forme di danza e di movimento, soprattutto danza classica, contemporanea, afro-primitive ed espressiva e, appunto, il flamenco e le danze del mondo arabo, sperimentando di tutto, pur di investigare le infinite possibilità del corpo e dell’espressione.
  • Sabina ha elaborato uno suo lavoro specifico sull’espressione delle emozioni attraverso le danze del mondo arabo, la Lyrical Arab Dance.
  • Sabina è fondatrice e direttrice artistica de Il Mosaico Danza di Milano.
  • Sabina ha inoltre studiato psicologia e pedagogia all’Università Statale di Milano ed ha una formazione come terapista per bambini con problemi psicomotori.
  • Ha creato una particolare ed efficacissima pedagogia della danza grazie alle sue esperienze e ricerche in campo di anatomia, neurologia, psicologia e neuroscienze.
  • È stata docente del corso di formazione per coreografi della Regione Lombardia e gestrice del Corso di formazione per insegnanti di Danza del metodo che porta il suo nome.
  • Tiene stages anche in Finlandia, in Lettonia e in Estonia.
  • Sperimentatrice ed estrema, spinge i suoi allievi largamente al di là di ogni limite, utilizzando una pedagogia rivoluzionaria che si basa interamente sulle neuroscienze, unica ed efficacissima. Gli allievi, curiosamente, si superano ogni giorno, compiendo dei veri e propri miracoli. Sabina non insegna passi, ma conduce gli allievi dentro di sé, alla scoperta delle potenzialità espressive, ritmiche e dinamiche. In questo modo nessuno “esegue” una tecnica, ma racconta la sua storia.

Durante gli ultimi anni di forzato lavoro on line, ha sviluppato Anatomia in Pratica, una visione rivoluzionaria dell’anatomia, dedicata a danzatori, sportivi e a chiunque voglia capire come funziona il corpo nella sua logica naturale, ha evoluto il Dance Workout, efficacissimo lavoro corporeo che sostiene qualsiasi forma di danza ed espressione, ed ha affinato la sua pedagogia, in continua evoluzione ed aggiornamento.

Carlos Guillén Miranda - Cante

Questo giovane cantaor nasce a Mairena del Alcor, in provincia di Sevilla, in una delle culle del flamenco.

  • Ha cominciato lo studio del cante flamenco con Juan Antonio Ramirez, proseguendo poi con il corso di formazione della famosa Fundacion de Arte Flamenco Cristina Heeren di Siviglia, nella quale ha potuto formarsi con Calixto Sanchez, Juan Joseé Amador, Jeromo Segura, Maria José Perez e Rosy Navarro “La Divi”, fino a diventare egli stesso Monitor Auxiliar di cante e di apprendere a cantare per il baile presso la medesima istituzione.
  • Ha cantato nelle compagnie di baile di Maria Serrano e Javier Baron e collabora con vari tablaos.
  • Collabora come insegnante alla Fundacion Cristina Heeren di Siviglia, e ha tenuto corsi di cultura del flamenco e cante qui da noi a Milano.
  • L’esperienza dell’insegnamento del cante e della cultura del flamenco lo ha portato ad avvicinarsi ancora di più allo studio della teoria e sta conseguendo la laurea in Flamencologia al Conservatorio di Siviglia e si sta diplomando al conservatorio superiore di Córdoba.
  • Nel 2021 ha vinto il primo premio per giovani del concorso di cante Ciudad de Vejer, ed è cantaor ricercatissimo nei tablaos di Siviglia per accompagnare il baile.

“Mi considero una persona normale e semplice. Ciò che più mi piace è circondarmi delle persone che amo utilizzando una scusa qualsiasi: la musica in generale ed il flamenco in particolare è il mio modo di esprimere i miei sentimenti, siano essi tristezza, allegria o anti convenzionalità, giusto per nominarne alcuni. In effetti penso che l’arte sia l’unica cosa che ci differenzia da tutti gli altri esseri viventi. In poche parole, cantare mi dà la vita e a tratti mi fa sentire la morte” (Carlos Guillén Miranda)

Antonio Porro - guitarra flamenca, composizione e direzione musicale

Si diploma in chitarra classica nel 1988 al Conservatorio di Piacenza. Fondamentale nella sua formazione classica, gli studi con il maestro Mauro Storti.

  • Alterna l’attività didattica a quella concertistica esibendosi come solista ed in formazioni da camera in diverse città italiane e all’estero. Nel 1994 si avvicina alla musica flamenca, prima come autodidatta e poi studiando con G. Gazzola. Dal 1997 approfondisce lo studio della chitarra flamenca in Andalusia, dove studia con importanti musicisti tra cui Antonio Jero, F. Moreno, J. Álvarez, Alfredo Lagos, P. De Lorca. Collabora con vari artisti del flamenco, come María Martín Lopez, Antonio Castro “Antonete”, Cecilia Lozano “la Popi”, Noè Barroso, Felipe Mato, María Josè Leon Soto, Elena Vicini, in Italia e all’estero.
  • Collabora con scuole di danza accompagnando “il baile” anche in occasione di importanti stages con artisti quali Javier Barón, Isabel Bayón, Ángel Atienza, Rafaela Carrasco, Brigitta Luisa Merki, Juan Luis De Paola, Miguel Ángel Espino, Adela Campallo, Charo Espino, Ángel Muñoz…
  • La musica lo ha affascinato quando era solo un bambino di 10 anni, e non lo ha mai lasciato.

“La musica è un linguaggio che entra nel profondo perché non è legato alla logica, al pensiero razionale. È un linguaggio istintivo e profondo e lo spettatore sensibile può riconoscere la verità dello spessore della comunicazione.” (Antonio Porro)

Alessandro Longhi - flauto

  • Si è diplomato in flauto al Conservatorio di Milano e in direzione d’orchestra presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano con il Maestro Pomarico.
  • Ha lavorato con le principali orchestre italiane, quali: le Orchestre del Teatro alla Scala di Milano, del teatro “La Fenice” di Venezia, del teatro dell’Opera di Genova, i “Pomeriggi musicali” di Milano, l’“Accademia Bizantina” di Ravenna, l’Orchestra filarmonica “Arturo Toscanini” di Parma, la “Verdi” di Milano, la Filarmonica Veneta e l’Orchestra della Radio della Svizzera Italiana.
  • È stato membro della compagnia “La Moreria” con la quale ha collaborato con numerosi artisti del panorama flamenco internazionale, fra cui Manuel Santiago, Daniele Bonaviri, Ruben Diaz, esibendosi nei più importanti teatri italiani.
  • Ha effettuato numerose tournée in: Cina, Giappone, Indonesia, America, Africa e nei principali teatri europei.
  • Ricopre tuttora il ruolo di Primo Flauto presso la Camerata Ducale di Vercelli e accosta all’attività di concertista quella di docente.

Considera il suo fare musica un linguaggio immediato e diretto per esprimere in modo completo tutti gli aspetti e le sfaccettature della propria personalità e della propria anima.

Raúl Domínguez Soto “El Botella” - percussioni

Nasce a Cadice il 25 marzo 1978. La sua passione per la musica comincia all’età di 10 anni, esibendosi per 13 anni consecutivi al Carnevale di Cadice. L’esperienza del Carnevale ha contribuito a creare una disciplina di prove, convivenza con compagni di grande talento musicale e la responsabilità e sicurezza di recitare su un palcoscenico, come quello del Gran Teatro Falla, davanti a 1200 spettatori.

Raúl ha iniziato il suo apprendistato da autodidatta all’età di 21 anni, dopo un’infanzia e una giovinezza ispirate dai grandi cantanti di Cadice. Il suo primo contatto con il flamenco è avvenuto alla “Pepín Muñoz Dance Academy”. Dopo soli 6 mesi di studio, nel 2001 il ballerino flamenco El Mistela lo ha assunto per suo tour dell’Andalusia.

Raúl ha molte passioni e continua a nutrirsi non solo di flamenco, ma anche di musica etnica e latina. Diverse figure hanno contribuito molto alla sua> formazione musicale come il percussionista Giovanni Hidalgo, il Maestro di tabla indù e maestro di tamburello di Zakir Hussain, Glen Velez.

  • Nel 2002 si trasferisce a Siviglia, e viene scelto, tra 30 concorrenti, per far parte della Compagnia di Danza Andalusa, diretta dal grande coreografo e ballerino José Antonio Ruiz. L’esperienza con la compagnia gli permette di studiare con grandi maestri, come Manuel Soler, El Piraña e Rubem Dantas, figure iconiche delle percussioni nel flamenco.
  • Come membro di questa compagnia, Raúl ha collaborato a diverse produzioni come “Latido Flamenco”, “Golpes de la vida” e “La leggenda”.
  • Alla fine del 2005 si è esibito alle audizioni del Balletto Nazionale di Spagna, dove è stato eletto davanti a una giuria di 8 persone. Ha fatto parte di questa compagnia per un anno con tournée in Giappone, Stati Uniti, paesi del sud-est asiatico e in molti altri luoghi.
  • Durante i suoi tour mondiali, Raúl si è associato a gruppi di musica etnica e da autodidatta ha imparato a suonare strumenti come il booldran, l’udu, la conchiglia africana, il djembe, il rik e le tablas indiane.

Raúl ha il dono di riuscire ad apprendere molto velocemente ciò che occorre per mettere la migliore energia nello spettacolo, e da un modo che tutti si trovino a proprio agio, cosa che gli ha aperto numerose nuove porte, accompagnando così sulla scena grandi cantanti, ballerini e chitarristi.

Ivana Zanini - palmas y cante

Milanese di nascita ma altoatesina di adozione, si avvicina al Flamenco nel 2003 con il baile con Manuela Baldassarri “La Malita”, studia in Spagna a Siviglia, Jerez de la Frontera e Granada.

  • Nel 2015 scopre la passione per il cante grazie a Christine Bauhofer e da lì inizia il suo percorso di studio con diversi maestri tra cui Josè Salguero e Melchora Ortega.
  • Nel 2018 studia alla Fundacion Christina Hereen a Triana.

Fondamentale nella sua formazione l’incontro, al Mosaico Danza, a Milano, con Jeromo Segura con cui intraprende un percorso di studio dal 2019 ad oggi, che comprende viaggi in Andalusia e approfondimenti culturali.

Karen Sánchez - danza española y palmas

Ha iniziato la sua formazione professionale nella danza del 2013 presso l’Istituto Nazionale di Belle Arti e Letteratura di Città del Messico con un liceo artistico con specializzazione nella Danza, specializzandosi in seguito nella pedagogia della danza con indirizzo danza spagnola nella Scuola Nazionale di Danza Nellie y Gloria Campobello sempre a Città del Messico fino al 2020.

Si è formata nel flamenco per quattro anni con la ballerina Ana Pruneda specializzandosi in Messico con altri rinomati esperti nazionali ed internazionali tra cui Jacqueline Benrey, Marién Luévano, Erika Suárez, Carmen Ledesma, Javier Latorre, Manuel Reyes e Christina Hall.

Ha ballato nei più importanti teatri del Messico come il Palacio de Bellas Artes, Teatro de la Ciudad, Teatro de la Danza, tra gli altri. Si è esibita in Festival Internazionali come Iberica Contemporanea e Flamencos por America.

Come insegnante ha lavorato con bambini, ragazzi e adulti in diverse scuole, confermando che l’insegnamento e il palcoscenico sono le sue più grandi passioni.

Attualmente risiede in Italia e lavora presso Il Mosaico Danza nell’organizzazione e come insegnante di Danza Spagnola Stilizzata e di Flamenco per Bambini, continuando a formarsi sotto la guida di Sabina Todaro, fondatrice e direttrice della scuola.

“Nella vita mi interessano tante cose e voglio imparare tutto. Questo mi ha creato conflitti, fina a che non ho capito che nel percorso della danza posso mescolare tutto, senza limitazioni. Il linguaggio della Danza per me va oltre una tecnica, è un mondo creativo dove sono accolte tutte le arti”.
(Karen Sánchez)

Alessandra Pisani - palmas

Alessandra è cresciuta in una famiglia di musicisti professionisti. Per lei la musica è come una lingua madre. Dotata di una speciale attenzione al suono, che le ha facilitato l’apprendimento di diverse lingue europee, e da sempre appassionata di danza (senza però una base scolastica), ha sperimentato percorsi espressivi di varia natura.

  • Nel flamenco ha studiato per nove anni al Mosaico Danza con Sabina Todaro.
  • In questo arco di tempo ha sviluppato un grande attaccamento al flamenco, merito anche del grande affetto e stima sviluppatesi per la propria maestra.
  • Dice di sé:

“L’approccio al flamenco è stato casuale, più simile ad una sorpresa, permeato di magia, e dopo le difficoltà che incontra ogni principiante, grazie alla maestrìa di Sabina Todaro, ho tratto sempre più piacere nell’imparare questa danza, approfondendone le complessità e apprezzandone sempre più l’intensità e la maestosità, grazie alla comprensione di questo stile ed al lavoro corporeo che fan parte del metodo di Sabina.
Il corpo diventa strumento per interpretare col corpo le emozioni risvegliate dalle melodie di epoche lontane e ricche di fascino.” (Alessandra Pisani)